Sull’onda di una martellante pressione mediatica, la stampa 3D, tra miti e realtà si avvia a divenire un fenomeno di massa.
Che si tratti di scegliere il regalo più geek del momento o di acquistare un prodotto affidabile per scopi professionali, potrebbe arrivare il fatidico momento in cui dobbiamo scegliere. Certo, possiamo consultare una rassegna delle stampanti 3D e cominciare a compararne le caratteristiche.
Ma come orientarsi tra le miriadi di proposte disponibili? A quali criteri deve rispondere una stampante 3D? Che software è preferibile? La questione è abbastanza complicata. Le esigenze e le aspettative possono essere le più disparate. Così, anziché tentare l’ardua strada di definire il profilo della “stampante 3D ideale”, provo ad affrontare l’argomento con un approccio diverso.
Quello di scorporare i vari aspetti e momenti della selezione in “topic” diversi, e di approfondirli uno ad uno. Così, questo percorso intricato per trovare la stampante 3D adatta a noi si trasforma in una serie di suggestioni, di spunti su cui riflettere, anziché in una ricetta o in una saccente “prescrizione”, che lascerebbe il tempo che trova.
Kit o assemblata
Questa è la madre di tutte le domande. Oltre ad influenzare il costo per lo stesso modello (in alcuni casi in maniera significativa), questa scelta determina pesantemente il rapporto futuro che avremo con questo oggetto misterioso.
Montare un kit di una stampante 3D corrisponde generalmente ad una sofferta gravidanza. Però d’altro lato consente di dare alla macchina una fisionomia personale. La cura con cui verrà costruita, il modo di far passare e legare i cavi, le piccole attenzioni rivolte ai dettagli, le eventuali variazioni personali apportate al progetto rifletteranno il nostro carattere: la pazienza di un modellista o la fretta di un entusiasta. E la “creatura”, quando finalmente si accenderanno i motori, sarà decisamente più nostra che se avessimo aperto il cartone di una stampante assemblata come quello di un qualsiasi elettrodomestico.
Tanto da appendere un fiocco fuori dalla porta e chiamare i vicini a vedere la meraviglia semovente.
Insomma, parliamo di Soddisfazione, con la S maiuscola. E non solo. Con un buon assemblaggio fai-da-te, magari sostituendo qualche componente, è persino possibile produrre una macchina migliore rispetto al progetto originale.
Ma attenzione ad alcune cose:
- è necessario individuare uno spazio adeguato che deve rimanere a disposizione per tutto il montaggio. L’idea di aprire tutti i pacchetti, iniziare il montaggio e poi dover riporre tutto perché serve il tavolo della cucina è pericolosa. SI rischia la confusione più totale, di perdere pezzi e soprattutto una causa di separazione per colpa con il consorte…
- è indispensabile disporre almeno di una conoscenza di base o un’attitudine alla meccanica, all’elettronica e in generale al bricolage. Anche se normalmente non è necessario effettuare saldature, sicuramente andranno effettuati cablaggi e collegamenti, montate parti meccaniche di una certa complessità, ed usati collanti, furbizie ed accorgimenti che daranno un buon risultato soltanto se alla base c’è una discreta esperienza e una buona manualità.
- il montaggio di un kit è sconsigliato ai disordinati, ai frettolosi, agli impazienti, a chi non ama leggere i manuali o li legge dopo aver combinato un disastro.
E’ altamente sconsigliato montare un kit in presenza di bambini piccoli.
Il paterno intento di usare un kit come un meccano con il figlioletto sulle gambe per appassionarlo alle costruzioni può trasformarsi in un trauma froidiano infantile quando il piccolo, con un rapido gesto, avrà spolverato il tavolo pieno di viti, rondelle, sensori e circuiti stampati.
Acquistare in Italia o importare
La tentazione di risparmiare qualcosa è forte. Ancora più forte, la tentazione di comprare – con lo stesso budget – un prodotto (sulla carta) migliore di un altro spendendo la stessa cifra. Soddisfa il nostro ego e ci fa sentire furbi.
In più, non tutti i modelli disponibili sono reperibili tramite un distributore o un rivenditore locale. Così l’idea di effettuare un acquisto importando direttamente la macchina si può fare strada.
Ma attenzione:
- I prezzi in valuta (es. $) possono risentire di un cambio meno favorevole del tasso ufficiale all’atto del pagamento, o essere soggetti a commissioni bancarie o dell’istituto che ha emesso la carta di credito.
- I costi di spedizione da alcuni paesi (es. USA) possono essere proibitivi.
- L’importazione da paesi extraeuropei è gravata da dazio e oneri doganali.
- In caso di problemi di qualsiasi genere che richiedano la sostituzione di parti o malauguratamente l’invio della macchina alla casa produttrice, i costi di spedizione (a carico dell’acquirente) già elevati si moltiplicano.
- Le norme di garanzia europea standard non si applicano, ed in generale i termini di garanzia sono molto più brevi e restrittivi.
- E’ possibile, per prodotti provenienti da alcuni paesi (USA, Regno Unito) che le unità di misura siano in pollici. Questo implica potenziali problemi nella conversione di formato dei modelli, e difficoltà nel reperimento locale di eventuali viti, dadi, barre filettate da sostituire.
- E’ possibile che l’alimentazione sia a 110V 60Hz
- Le normative di sicurezza possono essere molto diverse, e quindi alcuni prodotti potrebbero non essere conformi alle direttive Italiane, con potenziali pericoli per l’operatore.
- Questione non del tutto trascurabile: le eventuali comunicazioni con il costruttore (supporto, assistenza etc.) avverranno generalmente in Inglese.
Insomma, a meno che non siate interessati proprio ad un particolare modello non distribuito in Italia, e ve la sentiate di correre il rischio di ricevere un prodotto che poi potrebbe non rispecchiare pienamente le aspettative, l’importazione è un bel rischio. Dal punto di vista economico, spesso si finisce per spendere molto di più di un prodotto analogo importato in stock da un rivenditore.
Piattaforme di crowdfunding
Va di moda. E’ il modo con cui piccole realtà possono farsi finanziare, attraverso strutture come Kickstarter o Indiegogo un buon progetto dai futuri acquirenti. Il progetto viene illustrato su queste piattaforme, e se vi piace potete versare una quota per ricevere (quando sarà completato lo sviluppo e la produzione) una macchina. Se il progetto non raggiunge l’obiettivo di finanziamento previsto, viene cancellato e ricevete i soldi indietro. Molto democratico, e con il merito di consentire anche a chi sarebbe deriso da una banca di avere successo con un buon progetto, ed avviare una promettente attività. Ma dal punto di vista dell’acquirente? Qualche rischio c’è. Non tanto quello di non rivedere mai più il proprio denaro, quanto quello di perdere tempo o ottenere un prodotto diverso da quanto atteso. In diversi casi, i tempi di consegna previsti si sono prolungati di un anno, e in altri sono stati consegnati prodotti con specifiche e caratteristiche diverse da quelle prospettate.
La meccanica
Nella scelta di una stampante 3D, il ruolo che gioca la meccanica è fondamentale.
Per quanto alcuni problemi possano essere risolti con una elettronica evoluta (ad esempio, alcune macchine hanno routine di calibrazione della planeità del piano di lavoro automatiche), senza una buona meccanica è abbastanza impensabile ottenere una buona finitura e un buon livello di dettaglio.
La struttura meccanica influisce anche sulla durata della macchina, sulla sua generale affidabilità, e sulle prestazioni in termini di velocità. Con una meccanica più robusta si possono montare motori più potenti e con maggiori accelerazioni.
Cosa dovremmo cercare in una buona stampante 3D:
- telaio in metallo (barre o lamiera), con il minimo di giunzioni. Pesante, se possibile. Già, contrariamente a quanto si possa pensare, anche per una stampante 3D la rigidità del telaio è importante. Le vibrazioni introdotte da un telaio leggero e poco solido, sebbene meno importanti che per una macchina CNC, possono determinare una cattiva rifinitura
- guide lineari a ricircolo. Assicurano il minimo attrito possibile e garantiscono un elevato livello di precisione nel movimento. Con guide economiche e bronzine, è praticamente impossibile ottenere strati uniformi, specie se di modesto spessore.
- movimenti tramite viti IGUS o a ricircolo. Per i modelli economici, i movimenti vengono assicurati da cinghie dentate o peggio da barre filettate comuni. In entrambi i casi il giogo del meccanismo è rilevante, e causa di imprecisioni nella stampa. Un gradino più in su vengono montate viti trapezoidali. Sono più precise, ma come accade per quelle comuni, sono sistemi ad alto attrito e si consumano col tempo.
- Nei modelli di una certa qualità o semiprofessionali, le viti IGUS e a ricircolo garantiscono un giogo minimo e una notevole durata nel tempo.
- componentistica in metallo. Tradizionalmente, alcuni componenti delle stampanti 3D sono stampati in 3D a loro volta, in genere da macchine della serie precedente. Parte di questi componenti, come il sistema di trascinamento del filo sono soggetti ad usura e a forti sollecitazioni. Meglio il metallo, lavorato con tecniche CNC o taglio ad acqua.
- elementi di giunzione in metallo. Vale lo stesso discorso che per la componentistica. Le parti stampate in 3D hanno una resistenza molto inferiore rispetto al metallo, e anche alle parti in plastica ottenute con stampaggio industriale.
- Motori. Questo argomento sarebbe di competenza della parte elettronica, ma giacché influenza pesantemente gli aspetti meccanici, lo tratto in questa sezione.
Nel leggere le specifiche tecniche, è importante capire se i motori possono essere azionati a micropassi, e se si, con quale frazionamento. Più alto è, meglio è. Un motore 1/32 è molto migliore di un motore 1/8, e può consentire alla macchina di raggiungere una precisione molto maggiore, poiché il movimento minimo che può effettuare è più piccolo.
Un buon letto fa sempre comodo
Nella vita (e nelle stampanti 3D) un buon letto è sempre utile.
Il letto (piano di stampa) è importante sia da un punto di vista meccanico (es., se flette non possiamo sperare in un risultato dignitoso), sia perché fornisce il piano di lavoro e di appoggio per il materiale stampato. Durante la stampa il filamento viene portato ad una temperatura alla quale assume una consistenza plastica, che può essere estrusa. Durante il raffreddamento avvengono molti processi che ne modificano consistenza e dimensioni. Raffreddando, molti materiali e in particolare l’ABS subiscono un ritiro significativo, e si generano trazioni interne che dipendono dalla forma dell’oggetto. Gli strati superiori nel frattempo risultano ancora caldi, e non hanno subito le trasformazioni che li aspettano durante il raffreddamento. Ma l’oggetto è unico. Conseguenza: possono avvenire deformazioni importanti (fondo a botte), e l’oggetto può distaccarsi dal piano di lavoro prima che sia finito.
Oltre ad una serie di accorgimenti per evitare questi problemi (che sono trattati in un post a parte), un buon piano riscaldato può essere di grande ausilio.
Buono significa piano (es. con uno strato in vetro basaltico o ceramica), riscaldato uniformemente e possibilmente con una certa velocità. Attenzione agli alimentatori: quando la potenza è bassa, il piano non si riscalda mai, o non raggiunge la temperatura di lavoro ottimale (c.a. 110° per l’ABS).
Bisogna comprare proprio l’ultima novità?
In particolare gli acquirenti dei prodotti di nanotecnologia sono afflitti dalla sindrome dell’ultima novità. Certo è seccante comprare un prodotto che nel momento in cui arriva appare già superato. Ma bisogna farci l’abitudine, soprattutto in settori a rapida evoluzione (la stampa 3D è un settore a rapidissima evoluzione).
L’ultima novità inoltre nasconde diverse insidie:
- frequentemente l’ultima novità presenta innovazioni sostanzialmente inutili.
Ad esempio, di un pannello LCD a colori in una stampante 3D se ne può fare benissimo a meno.
- Il mercato della stampa 3D è affollatissimo. Tutti i produttori cercano di differenziarsi. Stampanti pieghevoli, stampanti portatili a batteria (per stampare durante un picknic??), stampanti retrattili… se ne sentono di tutti i colori. Ma spesso la caratteristica che viene definita “rivoluzionaria” è semplice fumo, che serve a coprire limiti meccanici e una costruzione economica.
- La tecnologia ha bisogno di essere consolidata, per garantire affidabilità. In parecchi casi, le stampanti 3D vengono prodotte da piccole aziende, che non hanno risorse per affrontare lunghi periodi di test, e sono ossessionate dal proporre sul mercato a tutti i costi qualcosa di nuovo per emergere. Il risultato è che molti prodotti commercializzati non sono “maturi”, Si sa quello che succede quando si mangia un frutto non maturo. Il mal di pancia. E’ quello che ci viene quando un estrusore non sufficientemente provato si rompe, o quando (è accaduto) i supporti del piano di stampa si aprono in due. Un passo indietro, rispetto all’ultima novità è salutare.
Materiali
Semplice. Più sono i materiali supportati, meglio è. Alcuni produttori, seguendo la moda dell’ecologia (per fortuna che non ci sono ancora le stampanti “biologiche”), vantano di poter produrre solo con PLA. Questo non è un vantaggio: è un limite. Realizzare una stampante per PLA è meno costoso che realizzarne una che stampi anche in ABS. E poi, i diversi materiali hanno diverse proprietà. Estetiche, di resistenza, durezza, flessibilità etc. Ci potrebbe servire di stampare con materiali diversi. Quindi più ce ne sono, meglio è.
Attenzione ai materiali speciali. Alcune stampanti usano cartucce proprietarie, altre stick giuntabili o “filettati”, o comunque materiali acquistabili solo dal fornitore della stampante. Questo può creare svariati problemi. Il primo è quello del costo (alcuni materiali “proprietari”, che in realtà sono assolutamente comuni ma confezionati diversamente costano 5-8 volte in più del normale). Il secondo, ancora più importante è quello dell’approvvigionamento. E se il produttore della stampante smettesse di fornirlo tra un anno o due, perché ha aggiornato i modelli, che utilizzano cartucce di formato diverso? Si chiama “obsolescenza programmata”, ed è un fenomeno piuttosto diffuso per obbligare l’acquirente ad un nuovo acquisto quando la macchina è ancora perfettamente funzionante.
1, 2, 4, 8 Estrusori…. quanti è meglio averne?
L’ultima moda è aggiungere più estrusori possibile. Se lo scopo di stupire con apparenti migliori potenzialità, spesso il massimo che otteniamo è poter stampare il classico vaso a strisce colorate orizzontali… Se va bene. A scapito di un sacco di inconvenienti. Maggiore costo, maggiore ingombro, riduzione dell’area utile di stampa, maggiore peso del gruppo mobile e quindi minore dinamica e accelerazione, e soprattutto minore qualità di stampa. Già, nel 90% dei casi, una stampante con un solo estrusore stampa assai meglio dello stesso modello con più estrusori. Al massimo, per chi ne ha bisogno in base al tipo di modelli che produce, si può pensare ad una stampante con due estrusori (possibilmente nativa, cioè progettata sin dall’inizio in questo modo), per utilizzarne uno dei due per deporre materiale di supporto solubile, es. PVA.
Strato minimo
La corsa a proclamare la capacità di stampare con layer microscopici non ha un arrivo. Qualcuno è arrivato a dichiarare 0,025 mm. Certo, sulla carta (sulla carta) uno strato di dimensioni inferiori è associato ad una migliore qualità e rifinitura, ad una scalettatura meno visibile della parte. Ma anche a tempi di stampa biblici. Per stampare un millimetro di altezza con un layer di 0,025mm ci vogliono quaranta strati. Per stampare un oggetto di 10 centimetri ce ne vogliono quattromila. Se si impiega un minuto per strato, siamo a 66 ore. Più il tempo per calcolare lo slicing, ammesso di avere un computer abbastanza potente.
Poi, un altro fatto. Praticamente tutte le stampanti 3D possono, potenzialmente, stampare strati minimi. Almeno la risoluzione dell’elettronica lo consente. Ma perché la cosa abbia senso, ci vuole una meccanica adeguata. Ovvero, guide lineari rettificate a ricircolo di sfere, viti a ricircolo senza gioco con bussola precaricata, un piano di lavoro non a sbalzo, sostenuto su più punti in modo che non fletta, un telaio con una sufficiente rigidità. In generale, i costruttori che forniscono macchine con meccaniche sofisticate, non sbandierano capacità teoriche di stampare strati infinitesimi. Chi sa leggere tra le caratteristiche ed assegnare un valore alla reale qualità non si lascia convincere dalle chiacchiere.
Elettronica dell’interfaccia
Molti produttori stanno aggiungendo display LED, lettori di schede SD, pulsantiere, Jog, WiFi etc. Non che non faccia piacere un minimo di comodità. Ma a pensarci bene lo schermo del computer è molto più leggibile di un display, e la sua tastiera molto più comoda di una pulsantiera da bancomat con funzioni limitate. Se queste funzionalità sono presenti, meglio. Ma non vanno identificate come caratteristiche distintive. Se proprio c’è una differenza tra elettroniche, questa riguarda le elettroniche di controllo, non la gestione dell’interfaccia. E comunque i componenti che pesano di più sulla qualità di una stampante rispetto ad un altra sono al 99% meccanici.
Software
Alcuni produttori offrono versioni proprietarie del software, promettendo una estrema facilità d’uso. Nei video dimostrativi pochi clic sono sufficienti ad inviare in stampa un complesso modello. Ma il problema non è la complessità del software, quanto i parametri corretti di stampa, gli accorgimenti per evitare deformazioni e distacco della parte, la calibrazione del piano di stampa e dell’estrusore…
Insomma, la parte relativa allo “slicing” (la preparazione delle sezioni del modello da riempire con il filamento fuso) è in ogni caso abbastanza semplice. In un certo senso potremmo dire che da questo punto di vista un software vale l’altro. E allora forse è meglio puntare su macchine che quantomeno supportano software Open Source, che promette di essere manutenuto e aggiornato più frequentemente e, anche qualora il costruttore della macchina dovesse scomparire dal mercato (molti costruttori sono piccolissime aziende), potremo contare sulla disponibilità di nuove versioni del software nel tempo.
Il rivenditore
La figura del rivenditore è determinante. Un buon rivenditore per prima cosa prova i prodotti prima di metterli in commercio, e può fornire preziosi suggerimenti per l’acquisto. Già, un buon rivenditore. Un cattivo rivenditore vende i prodotti sui quali ha più margine, e cerca di liberarsi quando può dei cadaveri che ha in magazzino.
Ma come si fa a capire chi è buono e chi è cattivo? Beh, da tante cose. Cerchiamo di capire da quanto tempo è sul mercato. Se fa corsi, che tipo di assistenza offre. Quanti modelli vende. Se possibile, andiamo a visitarlo. In fondo, siamo abituati a valutare le persone anche guardandole. Cerchiamo di ottenere una dimostrazione, e di capire se sa usare quello che vende, se ha esperienza. Poniamogli dei problemi, spieghiamogli il percorso che vorremmo seguire per modellare e stampare. E’ un modo per capire se ci potrà assistere anche per problemi di modellazione, conversioni di formato, integrazione tra i vari applicativi. Insomma, cerchiamo di capire se quel rivenditore saprebbe fare quello che vogliamo fare noi. Se siamo gioiellieri, facciamogli fare un gioiello. Se siamo modellisti, un modellino.
Se ne è capace, magari meglio di noi, allora è un buon rivenditore.
A conclusione di questo capitolo, l’acquisto On-Line di una stampante 3D da aziende box mover e spediscono scatole senza sapere quello che c’è dentro è altamente sconsigliato.
Corsi e assistenza
Alcuni rivenditori offrono corsi ed assistenza. Altri obbligano i clienti ad acquistare anche un carnet di titoli per l’assistenza, almeno per il primo anno. Molti utenti pensano di potersela cavare benissimo da soli, ma poi incontrano difficoltà insormontabili. Insomma, è utile fare un corso, o programmare in anticipo che avremo bisogno di assistenza? Per il corso, l’utente non ha esperienze precedenti con la stampa 3D, direi di si. Anche se le macchine sono molto migliorate, le problematiche sono tante, e con un percorso fai-da-te si rischia di perdere molto tempo ad inseguire forum per risolvere i problemi. Per l’assistenza programmata (e pagata) direi di no. Non è detto che le cose debbano andare male. E un buon rivenditore non si tira indietro nell’assistere un cliente, anche se non ha pagato alcun canone.
Sicurezza
Nate come progetti sperimentali, le stampanti 3D per uso personale hanno goduto in qualche modo di una sorta di vuoto normativo da un lato, e dell’entusiasmo dei maker dall’altro, pronti a sorvolare sue aspetti riguardanti la sicurezza pur di poter accedere a basso costo a questa tecnologia. Ma adesso, che le macchine stanno veramente per lasciare il garage ed entrare in casa, ci sentiamo ancora tranquilli?
Magari la vostra bambina vorrà stampare una bambola con papà…
La pericolosità di questi sistemi è relativa, se comparata ad esempio con una macchina fresatrice o persino con un comune trapano. Apparentemente, al massimo ci si può scottare… Beh, naturalmente dipende dall’uso, e dall’ambiente di utilizzo, ma anche i fumi di ABS non sono esattamente un toccasana per la salute.
A seconda della frequenza d’uso e dell’enventuale presenza di bambini, considerate macchine chiuse o con chiusure di sicurezza (meglio), e dotate di un sistema di scarico dei fumi.