Stampa 3D: le diverse tecnologie di produzione additiva

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Schema Cubital

Lo schema di una delle prime macchine per prototipazione rapida apparse in Italia (1989), la Israeliana Cubital

Sebbene nel recente periodo la stampa 3D abbia conquistato l’onore delle cronache soprattutto per la diffusione di modelli desktop per uso personale basati sulla estrusione di filamenti termoplastici, a partire dagli anni 70′ sono state in realtà messe a punto svariate tecniche di produzione additiva.
Il comune denominatore tra tutte queste tecniche è la deposizione (o solidificazione) di materiale a strati (layer), ma le analogie finiscono qui: i materiali utilizzati, il loro stato iniziale, i trattamenti che subiscono per giungere alla parte finita variano da tecnologia a tecnologia. Ciascun metodo presenta vantaggi e svantaggi, ma generalmente i criteri da considerare nella scelta di un metodo piuttosto che un altro sono legati alla velocità di produzione, al costo della macchina, al costo del modello ottenuto, al costo, alle proprietà e alla capacità o meno di riprodurre i colori del materiale utilizzato.

La seguente tabella elenca le principali tecnologie di prototipazione (produzione) additiva, la tipologia del materiale originale e i materiali lavorabili.

TipologiaTecnologiaMateriali
EstrusioneFused Deposition Modeling (FDM)Materiali termoplastici (es. PLA o ABS), HDPE, eutttici, edibili, gomma (Sugru), argilla, plastilina, silicone RTV, porcellana, paste metalliche
FiloElectron Beam Freeform Fabrication (EBF)Qualsiasi lega metallica
GranulareDirect Metal Laser Sintering (DMLS)Qualsiasi lega metallica
Electron Bean Melting (EBM)Leghe di titanio
Selective Laser Melting (SLM)Leghe di titanio, leghe di cromo-cobalto, accaio inossidabile, alluminio
Selective Heat Sintering (SHS)Polveri termoplastiche
Selective Laser Sintering (SLS)Materiali termoplastici, polveri metalliche, polveri di ceramica
Letto di polvere e testine inkjetPlaster-based 3D Printing (PP)Gesso, amidi
LaminatiLaminated Object ManufacturingCarta, fogli metallici, film plastici
Polimerizzazione attraverso la luceStereolitografia (SLA)Fotopolimeri
Digital Light Processing (DLP)Fotopolimeri

Estrusione (FDM)

La tecnologia FDM, che si basa sull’estrusione di materiali plastici o termoplastici, è stata sviluppata da S. Scott Crump alla fine degli anni 80′, e commercializzata nel 90′ da Stratasys. A seguito della scadenza dei brevetti depositati, dal 2005 ad oggi si è sviluppata una vasta comunità di sviluppo Open Source, e sono stati realizzati molti modelli fai da te e assemblati a basso costo. Questo ha portato ad una grande diffusione di questa tecnologia, rendendola il metodo più popolare in assoluto per la produzione additiva.

Mentre in origine il materiale termoplastico da estrudere era sotto forma di sferette o pellet, nell’ultimo periodo è stato sostituito da bobine di filo, che, convogliato verso un ugello opportunamente riscaldato, viene deposto per formare gli strati dell’oggetto. L’ugello può descrivere un percorso sul piano XY e allontanarsi sull’asse Z quando uno strato è stato completato, azionato da motori passo-passo o servo, gestiti da un controllo numerico e da opportuno software. La variante del processo FDM che utilizza materiali sotto forma di filamenti è denominata FFF (Fused Filament Fabrication).

I materiali utilizzati sono vari polimeri, es.  acrilonitrile butadiene stirene (ABS), policarbonato (PC), acido polilattico (PLA), polietilene ad alta densità (HDPE), PC / ABS, e polifenilsulfone (PPSU), ma anche materiali plastici a freddo.

Nelle applicazioni attuali, l’estrusione può impiegare altri materiali trattabili a freddo sotto forma di paste plastiche anziché filamenti, quali materiali eutettici (materiali eterogenei il cui punto di fusione è inferiore a quello dei singoli componenti della miscela), materiali edibili (es. cioccolato, creme, salse etc.),  materiali con solidificazione ritardata a temperatura ambiente (es. silicone, collanti chimici, resine epossidiche), materiali compositi (es. poliammide) etc.

Le stampanti che utilizzano la tecnologia FDM o FFF sono generalmente economiche, e i modelli prodotti offrono caratteristiche meccaniche (resistenza, durezza, flessibilità) simili a quelle del materiale originario utilizzato.
Tipicamente queste stampanti non sono in grado di produrre oggetti che presentino pronunciati sottosquadri non supportati (es. un cubo vuoto all’interno).
Questo limite viene affrontato creando strutture di supporto con lo stesso materiale impiegato per la costruzione del modello (che poi dovranno venire rimosse manualmente), o impiegando più estrusori, uno dei quali depone un materiale (es. PVA) solubile con un solvente che agisce soltanto su quest’ultimo, ma non sul materiale con il quale è costruito il modello.
In alcuni casi particolari, pur essendo basata sull’estrusione di un filamento, questa tecnologia viene definita con altri acronimi. Ad esempio, Zortrax utilizza l’acronimo LPD (Layer Plastic Deposition) a causa del fatto che, impiegando particolari materiali, lo strato deposto viene sostanzialmente fuso a quello precedente, determinando una maggiore compattezza del modello e riducendo o eliminando i problemi di delaminazione.

Materiali granulari

Un diverso approccio stampa 3D è  costituito dalla fusione selettiva di materiali originariamente costituiti da un letto granulare. Con questo metodo vengono selettivamente fuse alcune zone del livello attuale, quindi l’area di lavoro viene spostata verso il basso, aggiungendo un altro strato di granuli e ripetendo il processo fino al completamento della costruzione del modello. Questo processo utilizza il materiale non interessato dalla fusione per supportare sottosquadri e pareti sottili del modello in corso di produzione, quindi la necessità di creare supporti ausiliari temporanei è limitata. Per la sinterizzazione del composto in un solidi viene generalmente utilizzato un raggio laser. I vari metodi includono la sinterizzazione laser selettiva (SLS), con metalli e polimeri (ad esempio PA, PA-GF, GF rigido, PEEK, PS, Alumide , Carbonmide, elastomeri), e la sinterizzazione diretta dei metalli tramite raggio laser (LMD).

La sinterizzazione laser selettiva (SLS) è stata sviluppata e brevettato dal Dr. Carl Deckard e dal dottor Giuseppe Beaman presso l’ Università di Austin nel Texas a Austin , a metà degli anni 1980. Un processo analogo è stato brevettato nel 1979 da RF Housholder, che tuttavia non lo ha mai commercializzato.

La fusione laser selettiva ( SLM – Selective Laser Melting) non utilizza la sinterizzazione per la solidificazione dei granuli di polvere, ma fonde totalmente il materiale in modo selettivo, utilizzando un laser ad alta energia. Le proprietà del modello in questo modo sono praticamente identiche a quelle di un modello ottenuto per fusione tradizionale, senza le criticità (es. fragilità) tipiche dei materiali sinterizzati.

La tecnologia EBM (Electron beam melting) definisce un processo additivo per la produzione di parti metalliche (tipicamente leghe di titanio), nel quale il modello viene ricavato fondendo selettivamente i vari strati di polvere metallica per mezzo di un fascio di elettroni in un ambiente a vuoto spinto. Questo processo permette di realizzare modelli con proprietà meccaniche pressoché identiche a quelle del materiale originale, con la stessa densità ed esenti da ossidazioni, ma è tra i più costosi.

Un altro metodo consiste nell’utilizzare una testina inkJet che stampa su un letto di polvere (gesso, amidi, resine) un legante, procedendo di strato in strato fini al completamento del modello. La polvere non raggiunta dal legante fa da supporto al modello, e in questo modo è possibile creare praticamente qualsiasi sottosquadro. Un grande vantaggio di questa tecnica è la possibilità di miscelare del colore al legante, creando oggetti con colori reali. La scarsa resistenza meccanica e l’aspetto poroso delle superfici dei modelli creati rappresentano d’altro lato i limiti di questa tecnica. L’estetica e la funzionalità dei modelli può essere migliorata con trattamenti successivi con cere e polimeri tramite impregnazione.

Laminazione (LOM)

Alcune stampanti 3D utilizzano come materiale dei laminati, che costituiscono lo strato che viene processato con sistemi di taglio tangenziale o laser per separare la sezione che interessa il modello dal materiale di scarto. Quest’ultimo a sua volta costituisce un valido materiale di supporto, che verrà rimosso a stampa finita.
Apparse inizialmente attorno agli anni 90′ queste stampanti impiegavano meccaniche derivate da comuni stampanti laser in B&N. Attualmente alcune aziende come Mcor Technologies Ltd impiegano una stampa laser a colori, la deposizione selettiva di adesivo, mentre il taglio dello strato avviene con una lama in metallo duro, e questo consente di produrre modelli in full color con una resa cromatica migliore rispetto all’uso di polveri e collante, ed una maggiore robustezza meccanica.
Altre aziende offrono stampanti che utilizzano sottili laminati plastici e metallici.

Stereolitografia

Brevettata da Chuck Hull nel 1986, la stereolitografia utilizza un processo di fotopolimerizzazione per solidificare una resina liquida. A seconda del tipo di luce impiegata per solidificare selettivamente il materiale, si parla di SLA (che generalmente utilizza una sorgente laser) o di DLP, che impiega proiettori LED o LCD per polimerizzare, generalmente dal basso, uno strato in una vasca contenente il fotopolimero allo stato liquido. Questa tecnologia, all’origine impiegata per realizzare stampanti professionali e industriali dai costi particolarmente elevati, vive oggi un processo di democratizzazione e promette l’avvento nel mercato di stampanti ad alta risoluzione dai prezzi popolari. I principali limiti sono determinati dalla scarsa reperibilità, potenziale tossicità e costo elevato delle resine fotosensibili, dalla scarsa resistenza meccanica dei prototipi, e dalla tendenza di questi ultimi di deformarsi con relativa rapidità nel tempo a causa dell’azione della luce ambiente.

 

 

 

Stampanti 3D: la Ford le utilizza per i prototipi dei motori

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Da alcuni decenni, molte grandi aziende traggono vantaggio della stampa 3D, anche se questa tecnologia soltanto recentemente è al centro dell’interesse a causa di un sensibile abbattimento dei costi.

Il Wall Street Journal ha recentemente gettato uno sguardo su come tre grandi produttori americani, Ford, GE e Mattel stanno utilizzando la stampa 3D per ridurre i costi e i tempi durante la fase di prototipazione.

Ford utilizza questa tecnologia per la stampa delle testate dei motori, per i freni a disco e per gli assali posteriori dei veicoli in prova. Grazie alla stampa 3D, i tempi di produzione della testata del motore EcoBoost a basso consumo sono stati ridotti da 4-5 mesi a soli tre mesi, tagliando dal 25 al 40% i costi. In precedenza, i prototipi di questo tipo di componenti venivano realizzati da stampi in terra, mentre la stampa 3D consente di produrre direttamente lo stampo nel quale viene colato il metallo fuso.
General Electric sostiene che la stampa 3D ha consentito di ridurre i costi di produzione di alcuni componenti, inclusa una sonda ad ultrasuoni, del 30%.

In futuro la Ford ritiene che alcuni ricambi dei propri veicoli possano venire localmente stampati in 3D, nel giro di ore o minuti. Mattel al momento non prevede progetti che consentano ai clienti di stampare le proprie bambole Barbie, preoccupata di possibili aspetti riguardanti la sicurezza dei bambini, ma utilizza tuttavia la stampa 3D per la prototipazione dei nuovi modelli.

Una stampante 3D che stampa metalli per la NASA

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nasa

Il centro NASA Marshall Space Flight Center di Huntsville in Alabama, ha stampato in 3D delle parti di un motore a razzo in una lega di Nichel, utilizzando una tecnica di fabbricazione chiamata SLM (Selective Laser Molding). Questi componenti verranno utilizzati nel motore J-2x per il più grande razzo mai costruito, noto come Space Launch System. La stampa 3D è divenuta assai popolare per la fabbricazione di parti in plastica, ma per utilizzare metalli richiede attrezzature decisamente più sofisticate.

La tecnologia SLM è l’evoluzione di un vecchio metodo noto come sinterizzazione laser selettiva, o SLS. Nel processo di sinterizzazione tradizionale, il modello viene prima stampato con polveri ceramiche o metalliche, e pressato nella forma desiderata. L’oggetto “verde“, come viene chiamato a questo punto, viene quindi portato ad elevata temperatura in un forno per legare le particelle.
Il forno è stato in seguito sostituito con un laser che fornisce una maggiore precisione ed elimina la necessità di gestire la fragilità della parte pressata prima della cottura. Poiché la completa fusione della polvere distruggerebbe il modello e non è quindi possibile effettuarla, i pezzi sinterizzati non non hanno le stesse proprietà di quelli stampati o lavorati per asportazione, e risultano in particolare più fragili, ma mantengono caratteristiche desiderabili come la durezza, la resistenza alla corrosione e alla temperatura. Molti oggetti di uso relativamente comune sono ottenuti tramite sinterizzazione: ad esempio, gli utensili nel cosiddetto “metallo duro” (Widia – Carburo di Tungsteno etc.).

Successivamente si è scoperto che la piena fusione di particelle di metallo in polvere potrebbe essere ottenuta mediante una tecnica chiamata fascio elettronico di fusione, o EBM (Electronic Beam Molding). Poiché gli elettroni tendono a disperdere molecole gassose, perché questo processo funzioni sono necessarie costose e scomode camere a vuoto. Nel momento in cui si sono resi disponibili sistemi laser più convenienti, con maggiore potenza, più accurati e controllabili attraverso ottiche con una migliore precisione di messa a fuoco, è nata la tecnologia SLM. Come per l’EBM, il materiale in polvere viene completamente fuso, ma il laser SLM non richiede un funzionamento a vuoto. E’ semplicemente necessaria un’atmosfera inerte di argon o azoto nella zona per evitare l’ossidazione.

Questo collettore J-2x non avrebbe potuto venire fresato su una macchina a controllo numerico, sia per l’inaccessibilità di varie superfici interne, sia perché le forze necessarie per rimuovere il metallo avrebbero distrutto il modello, particolarmente sottile, prima che venisse finito. Prima dell’avvento della tecnologia SLM, avrebbe dovuto essere fabbricato tramite saldatura di diversi elementi stampati in lamiera. Tuttavia, sia lo stampaggio sia la saldatura determinano zone con una resistenza allo stress non uniforme, rendendo meno prevedibili le eventualità di guasti. Con una realizzazione manuale con tecniche tradizionali sarebbe stato impossibile garantire le tolleranze richieste. Si sarebbe quindi dovuto ricorrere a stampi e macchine di saldatura robotizzata, con un processo che richiede molto tempo di preparazione e configurazione, inadatto per produrre soltanto poche parti.
E’ interessante notare che molti detrattori dei metodi di prototipazione “additiva” sostengono l’inutilità di creare prototipi di parti che, a causa della loro forma (es. sottosquadri) non potrebbero poi venire prodotte con sistemi industriali standard.
Questo caso – la necessità di costruire un numero limitato di parti per una applicazione speciale – proprio per l’incompatibilità tra il modello e le tecniche costruttive tradizionali evidenzia che in alcuni casi la tecnologia additiva consente una progettazione svincolata dai limiti delle tecniche di produzione comuni.

Crediti: John Hewitt

 

 

Una stampante 3D per la ceramica

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IL professor Stephen Hoskins e il suo team hanno condotto una interessante ricerca per stampare prototipi 3D, a partire da polvere una polvere ceramica brevettata. L’oggetto finale ottenuto ha le stesse caratteristiche di un oggetto in ceramica ottenuto con la produzione industriale standard, ma la stampa 3D consente di sviluppare forme che difficilmente potrebbero essere realizzate con le tecniche tradizionali.
Il progetto è ancora in fase sperimentale, ma i risultati sono estremamente incoraggianti.

Fresature fronte-retro: due efficaci metodi di attrezzaggio – Seconda parte

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Completata la foratura, il piano martire fa fissato stabilmente al piano di lavoro della macchina con bulloni a brugola e dadi a T, collocati nei fori disposti in corrispondenza dei bordi (rossi).

Naturalmente i bulloni a brugola dovranno essere annegati, con la testa qualche millimetro sotto al piano. Il piano va avvitato in modo saldo.
Sebbene non sia indispensabile spianare il piano martire con la fresatrice, (sarà sufficiente spianare il secondo piano martire, quello superiore, per garantire la planeità del sistema) questa è comunque un’operazione consigliata. Per effettuarla, a seconda del tipo di macchina disponibile e dei regime del mandrino, si potrà utilizzare un flying cutter, in grado di effettuare passate di notevole larghezza, o una fresa piana più larga possibile.

Esecuzione dei fori per il fissaggio del piano martire superiore

Praticare 4 ulteriori fori non passanti per il futuro fissaggio del piano martire superiore nei punti indicati dalle frecce, e filettarli (es, per viti M6)

Fori filettatiLa preparazione del piano di appoggio inferiore è completata. Il piano non dovrebbe più venire spostato da questa posizione.

Staffaggio del piano martire superiore per la foratura

A questo punto è necessario collocare il piano martire superiore su quello inferiore, nel modo più allineato possibile (ma minime variazioni non sono determinanti), e bloccarlo saldamente con le staffe, per poter effettuare le forature.

Foratura pm superioreForare, con le stesse coordinate usate per praticare i fori nel piano martire inferiore, i fori per le spine (al centro dei lati) e i fori per i bulloni di fissaggio a brugola (negli angoli). Nei fori per i bulloni va successivamente forata la sede per la testa, che deve essere annegata 3-4 millimetri sotto la superficie.

Rimuovere gli staffaggi e il piano martire superiore, inserire le quattro spine di centratura nei fori al centro dei lati del piano martire inferiore, collocare il piano martire superiore (facendo combaciare le spine con i relativi fori) e fissarlo saldamente per mezzo dei bulloni a brugola.

Montaggio pms

I due piani sono ora entrambi fissati alla tavola scanalata. Il piano superiore può però venire facilmente rimosso svitando i quattro bulloni a brugola, e rimontato esattamente nella stessa posizione per merito delle spine.

Indipendentemente dal fatto che il piano martire inferiore sia stato spianato o meno, quello superiore va obbligatoriamente spianato con la fresatrice, per garantire la perfetta planeità rispetto alla geometria della macchina.

Per spianare il piano martire, utilizzare preferibilmente un bareno (flying cutter), se il mandrino supporta un numero di giri sufficientemente basso (50-200). Effettuare lo zero macchina Z circa 0,5-1 mm sotto la superficie, e memorizzare la posizione di azzeramento per futuri impieghi. Tutte le lavorazioni successive su modelli fissati sul piano martire utilizzeranno questo azzeramento Z.

spianatura

 

Fissare, con l’aiuto di due staffe, una lastra di plexiglass, resina fenolica o alluminio come in figura:

lastra Azzerare X e Y della macchina nel punto evidenziato dalla freccia. Eseguire una contornatura per tagliare la parte eccedente della squadra, avendo cura di prevedere uno scarico nello spigolo interno. Forare e svasare i fori, filettarli (senza rimuovere le staffe!) e avvitare la squadra con viti a testa svasata.
Non dimenticare di praticare un foro di accesso per poter svitare il bullone a brugola che fissa il piano superiore a quello inferiore!

TAGLIO

A questo punto il piano martire superiore per il fissaggio con biadesivo è pronto.

Lo zero XYZ della macchina è nello spigolo interno della squadra (memorizzarlo!).
E’ possibile ove necessario rimuovere il piano, e rimontarlo in seguito nella medesima posizione con l’aiuto delle spine. Preparando più piani, sarà possibile attrezzare il pezzo da lavorare “fuori macchina”.

biadesivo

Notare che nelle lavorazioni fronte-retro con posizionamento tramite squadra (e fissaggio con biadesivo o altri staffaggi) è indispensabile che il grezzo da lavorare sia perfettamente squadrato e, in alcuni casi (es. DeskProto), delle dimensioni specificate dal software CAM.

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30 cose che si possono fare con una stampante 3D

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Nelle recensioni e soprattutto nelle Maker Fairs siamo abituati a vedere filmati e dimostrazioni di stampanti 3D che stampano vasi sghembi e teste di Joda delle guerre stellari.

Quando va proprio bene cover degli smartphone.

Ma quante cose si possono veramente fare con la stampa 3D?
Per fortuna, gli utilizzatori reali hanno ben più fantasia. Ecco una raccolta delle più interessanti, utili, futili e strampalate creazioni, per chi cerca qualche spunto.

1) Creare modelli di feti Da diverso tempo esistono apparecchi per ecografia che rilevano dati 3D. Una compagnia Giapponese sfrutta questi dati per produrre “Shape of Angels”, una stampa 3D del feto del vostro bambino. Per 1275 $. modelli fetali 2) Produrre cioccolatini Diverse stampanti, in particolare i modelli con architettura Delta, possono estrudere sostanze plastiche a freddo (silicone, argilla, ceramica etc.), o fondibili a basse temperature, incluse sostanze alimentari.

3) Realizzare modelli medicali Dato l’estremo grado di realismo raggiungibile con stampanti professionali, gli studenti di medicina possono apprendere l’anatomia e la pratica della chirurgia senza l’uso di cadaveri. I chirurghi possono pianificare complesse operazioni su modelli, prima di intervenire realmente sul paziente.

modelli medicali

4) Creare modelli “mini me” Le stampanti 3D a colori, abbinate a scanner a luce incoerente Artec, permettono di realizzare modelli in scala di persone. Questa applicazione si va rapidamente diffondendo come la nuova frontiera della fotografia.

5) Creare modelli per effetti speciali Questa stupenda Aston Martin in scala 1:3 è stata creata per realizzare realistici effetti speciali. Ma le applicazioni nel modellismo sono infinite.
modellini

6) Creare esoscheletri. Comode e avveniristiche alternative alla ingessatura per ridurre fratture.

7) Realizzare armi In passato, le armi costruite con le stampanti 3D si rompevano facilmente dopo pochi colpi. Oggi, la Corporation Defense Distributed offre i file necessari a stampare armi addirittura semiautomatiche e automatiche.

armi

8) Costruire chitarre acustiche Sembra impossibile, ma Scott Summit è riuscito nell’impresa di creare una chitarra acustica pienamente funzionante.

chitarre acustiche

9) Costruire chitarre elettriche Decisamente, costruire chitarre elettriche con le stampanti 3D è più facile rispetto a quelle acustiche. La libertà pressoché totale di creare particolari e rifiniture può dare luogo a modelli veramente originali. 13-06-2013 06-38-06

10) Costruire modelli di veicoli In questo impressionante progetto, è stato realizzato in sei settimane il modello in scala 40% di una vettura da corsa Miller 91, usando al cento per cento parti stampate in 3D.

11) Creare lenti per obiettivi home made Per il momento, realizzare una fotocamera con decenti prestazioni completamente attraverso la stampa 3D è forse ancora fuori portata. Ma a costruire ottiche, usando materiali acrilici, ci sono già riusciti. lens

12) Costruire robot organici Un complesso e realistico modello di robot a forma di ragno che usa 26 motori.

13) Creare telai per tessitura

telai per tessuti

Se  volete cimentarvi con la tessitura, potete creare un telaio con una stampante 3D.

14) Creare tessuti
Se la tessitura è troppo noiosa, potete creare direttamente dei tessuti.

tessuti

15) Creare accessori moda
La stampa 3D permette di creare splendidi accessori moda.

31-12-2013 17-56-06 16) Creare bikini
Questi bikini high-tech sono realizzati con Nylon 12, un fibra da 0,7 mm robusta, flessibile e impermeabile. L’azienda che li ha creati sostiene che sono perfetti per nuotare, e diventano più confortevoli quando esposti all’acqua. I costi vanno da 200 a 300 $ e sono ordinabili sul sito del produttore.

bikini

17) Creare calzature incredibili
Questa scarpa futuribile non è fatta per essere indossata. E’ una sorta di scultura elettronica, lunga un metro e creata con una stampante 3D. Viene utilizzata in un grande centro commerciale come insegna luminosa, e costa circa 6000 Euro. scarpe elettriche

18) Costruire tacchi per calzature di moda
Questi tacchi disegnati da Pauline Van Dongen dal nome “Morphogenesis” sono realizzati con una sinterizzazione laser di nylon. Possono essere realizzati in vari colori e danno un’idea degli sviluppi futuri degli accessori moda realizzati con la stampa 3D: tacchi di calzature

19) Stampare modelli metallici
Anche i metalli possono essere stampati con stampanti 3D. Oltre a modelli professionali ed industriali (come quello rappresentato nel video), cominciano ad apparire prototipi di sistemi meno costosi che utilizzano miscele di polveri metalliche e materie plastiche, che sottoposte a speciali trattamenti termici vengono eliminate, producendo oggetti

metallici.

20) Realizzare sculture rock
La passione dei ragazzi per i simboli della cultura rock è sempre viva. Il designe Joshua Harker la interpreta con stampe 3D in poliammide, una combinazione di nylon e vetro fusi assieme con un laser, e stampabile anche da alcune stampanti FFF professionali (es. 3ntr).

Sculturerock

21) Creare lampade  di design

lampade

Janne Kittanen ha creato questo suggestivo lampadario, realizzabile in una serie di misure per applicazioni da soffitto, appliques o per lampade da tavolo.

22) Costruire manipolatori robotici Negli esperimenti di robotica l’autonomia e la rapidità con la quale possono essere realizzate complesse parti meccaniche permetter di verificare e mettere a punto la funzionalità di complicati manipolatori e mani robotiche prima di avviare costose produzioni industriali.

23) Realizzare complesse decorazioni con sostanze alimentari

Il “Food printing” è alle porte. Se per la preparazione degli ingredienti preferiamo ancora un buon cuoco in carne ed ossa, per abbellire sofisticati dolci o preparare artistiche presentazioni delle vivande, si può già impiegare la stampa 3D.

24) Stampare medicinali Molte delle complicazioni e degli alimenti che influenzano gli esseri umani sono legate alla specifica genetica di ciascun singolo soggetto. La farmacologia corrente non è attrezzata per produrre medicinali talmente personalizzati. Per questo il Prof. Lee Cronin, titolare di una cattedra alla Glasgow University sta lavorando ad una ricerca davvero speciale. Caricando la struttura di un particolare genoma in una stampante, questa riceverà i parametri necessari a “stampare” un medicinale specifico per quella particolare persona.

medicina

25) Produrre maschere per il trattamento delle grandi ustioni Con l’aiuto di scanner a luce strutturata non dannosi per la vista, e con stampanti in grado di estrudere materiali siliconici per impiego medicale, sarà possibile produrre speciali maschere per il trattamento ed il controllo della cicatrizzazione di traumi da grandi ustioni.

burning

26) Creare introvabili accessori Una delle più immediate applicazioni della filosofia DIY è la realizzazione di accessori di uso comune che rendono più pratiche le azioni quotidiane non reperibili sul mercato. Questa semplice maniglia rende molto meno fastidioso il trasporto di buste di plastica, e ne può alloggiare tre alla volta.

accessori

27) Ricostruire la magia del vinile

La nostalgia per i vecchi dischi in vinile ha spinto Amanda Ghassel a sviluppare un progetto di software che trasforma qualsiasi traccia audio digitale in un modello 3D che può essere usato per stampare un disco. Il risultato al momento promette una qualità pari ad un quarto di quella ottenibile riproducendo un disco in vinile standard. Ma anche il vinile ha impiegato molto tempo a raggiungere la qualità definitiva. Non disperiamo.

vinile

28) Realizzare una protesi

No, non è una cuffia per ascoltare musica. E’ una mandibola artificiale. Il Prof. Jules Poukens ed il suo team sono riusciti a riprodurre esattamente la mandibola di un paziente usando titanio. Dopo una serie di scansioni MRI, la mandibola del paziente è stata rimossa e sostituita con questa protesi stampata in 3D, e trattata con uno spray che ha deposto una sostanza biocompatibile. Il paziente ha recuperato il pieno uso della mandibola dopo 24 ore dall’intervento. Crediti foto Hasselt University. protesi

29) Stampare degli avvolgicavi Siamo circondati da miradi di cavi tentacolari che è difficile tenere in ordine, e soprattutto quelli che portiamo con noi (ad esempio, gli auricolari del telefono) tendono ad intrecciarsi diabolicamente nelle tasche. Questi simpatici avvolgicavi risolvono il problema.

avvolgicavi

30) Addormentarvi con una bomba atomica in miniatura

L’azienda Italiana VeneriDesign Studio pare abbia due passioni: la stampa 3D e le esplosioni nucleari. Miscelandole insieme, ha creato questa Nuke Lamp, una lampada la cui forma ricorda il terribile fungo. All’interno, una sorgente di luce diffonde un inquietante chiarore nell’ambiente. Ma forse nessuno di noi vorrebbe che fosse l’ultima cosa che vediamo di notte prima di addormentarci.

bomba

 

Insomma. Le applicazioni sembrano essere veramente illimitate, come dimostra il prossimo video:

Stay Tuned

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Guida all'acquisto delle stampanti 3D

Pietro Meloni Guide, Stampa 3D 6 Comments

 

Sull’onda di una martellante pressione mediatica, la stampa 3D, tra miti e realtà si avvia a divenire un fenomeno di massa.
Che si tratti di scegliere il regalo più geek del momento o di acquistare un prodotto affidabile per scopi professionali, potrebbe arrivare il fatidico momento in cui dobbiamo scegliere. Certo, possiamo consultare una rassegna delle stampanti 3D e cominciare a compararne le caratteristiche.
Ma come orientarsi tra le miriadi di proposte disponibili? A quali criteri deve rispondere una stampante 3D? Che software è preferibile? La questione è abbastanza complicata. Le esigenze e le aspettative possono essere le più disparate. Così, anziché tentare l’ardua strada di definire il profilo della “stampante 3D ideale”, provo ad affrontare l’argomento con un approccio diverso.
Quello di scorporare i vari aspetti e momenti della selezione in “topic” diversi, e di approfondirli uno ad uno. Così, questo percorso intricato per trovare la stampante 3D adatta a noi si trasforma in una serie di suggestioni, di spunti su cui riflettere, anziché in una ricetta o in una saccente “prescrizione”, che lascerebbe il tempo che trova.

kit

Kit o assemblata

Questa è la madre di tutte le domande. Oltre ad influenzare il costo per lo stesso modello (in alcuni casi in maniera significativa), questa scelta determina pesantemente il rapporto futuro che avremo con questo oggetto misterioso.
Montare un kit di una stampante 3D corrisponde generalmente ad una sofferta gravidanza. Però d’altro lato consente di dare alla macchina una fisionomia personale. La cura con cui verrà costruita, il modo di far passare e legare i cavi, le piccole attenzioni rivolte ai dettagli, le eventuali variazioni personali apportate al progetto rifletteranno il nostro carattere: la pazienza di un modellista o la fretta di un entusiasta. E la “creatura”, quando finalmente si accenderanno i motori, sarà decisamente più nostra che se avessimo aperto il cartone di una stampante assemblata come quello di un qualsiasi elettrodomestico.
Tanto da appendere un fiocco fuori dalla porta e chiamare i vicini a vedere la meraviglia semovente.
Insomma, parliamo di Soddisfazione, con la S maiuscola. E non solo. Con un buon assemblaggio fai-da-te, magari sostituendo qualche componente, è persino possibile produrre una macchina migliore rispetto al progetto originale.

Ma attenzione ad alcune cose:

  • è necessario individuare uno spazio adeguato che deve rimanere a disposizione per tutto il montaggio. L’idea di aprire tutti i pacchetti, iniziare il montaggio e poi dover riporre tutto perché serve il tavolo della cucina è pericolosa. SI rischia la confusione più totale, di perdere pezzi e soprattutto una causa di separazione per colpa con il consorte…
  • è indispensabile disporre almeno di una conoscenza di base o un’attitudine alla meccanica, all’elettronica e in generale al bricolage. Anche se normalmente non è necessario effettuare saldature, sicuramente andranno effettuati cablaggi e collegamenti, montate parti meccaniche di una certa complessità, ed usati collanti, furbizie ed accorgimenti che daranno un buon risultato soltanto se alla base c’è una discreta esperienza e una buona manualità.
  • il montaggio di un kit è sconsigliato ai disordinati, ai frettolosi, agli impazienti, a chi non ama leggere i manuali o li legge dopo aver combinato un disastro.
    E’ altamente sconsigliato montare un kit in presenza di bambini piccoli.
    Il paterno intento di usare un kit come un meccano con il figlioletto sulle gambe per appassionarlo alle costruzioni può trasformarsi in un trauma froidiano infantile quando il piccolo, con un rapido gesto, avrà spolverato il tavolo pieno di viti, rondelle, sensori e circuiti stampati.

oneri doganali

Acquistare in Italia o importare

La tentazione di risparmiare qualcosa è forte. Ancora più forte, la tentazione di comprare – con lo stesso budget –  un prodotto (sulla carta) migliore di un altro spendendo la stessa cifra. Soddisfa il nostro ego e ci fa sentire furbi.
In più, non tutti i modelli disponibili sono reperibili tramite un distributore o un rivenditore locale. Così l’idea di effettuare un acquisto importando direttamente la macchina si può fare strada.
Ma attenzione:

  • I prezzi in valuta (es. $) possono risentire di un cambio meno favorevole del tasso ufficiale all’atto del pagamento, o essere soggetti a commissioni bancarie o dell’istituto che ha emesso la carta di credito.
  • I costi di spedizione da alcuni paesi (es. USA) possono essere proibitivi.
  • L’importazione da paesi extraeuropei è gravata da dazio e oneri doganali.
  • In caso di problemi di qualsiasi genere che richiedano la sostituzione di parti o malauguratamente l’invio della macchina alla casa produttrice, i costi di spedizione (a carico dell’acquirente) già elevati si moltiplicano.
  • Le norme di garanzia europea standard non si applicano, ed in generale i termini di garanzia sono molto più brevi e restrittivi.
  • E’ possibile, per prodotti provenienti da alcuni paesi (USA, Regno Unito) che le unità di misura siano in pollici. Questo implica potenziali problemi nella conversione di formato dei modelli, e difficoltà nel reperimento locale di eventuali viti, dadi, barre filettate da sostituire.
  • E’ possibile che l’alimentazione sia a 110V 60Hz
  • Le normative di sicurezza possono essere molto diverse, e quindi alcuni prodotti potrebbero non essere conformi alle direttive Italiane, con potenziali pericoli per l’operatore.
  • Questione non del tutto trascurabile: le eventuali comunicazioni con il costruttore (supporto, assistenza etc.) avverranno generalmente in Inglese.

Insomma, a meno che non siate interessati proprio ad un particolare modello non distribuito in Italia, e ve la sentiate di correre il rischio di ricevere un prodotto che poi potrebbe non rispecchiare pienamente le aspettative, l’importazione è un bel rischio. Dal punto di vista economico, spesso si finisce per spendere molto di più di un prodotto analogo importato in stock da un rivenditore.

crowdfunding

Piattaforme di crowdfunding

Va di moda. E’ il modo con cui piccole realtà possono farsi finanziare, attraverso strutture come Kickstarter o Indiegogo un buon progetto dai futuri acquirenti. Il progetto viene illustrato su queste piattaforme, e se vi piace potete versare una quota per ricevere (quando sarà completato lo sviluppo e la produzione) una macchina. Se il progetto non raggiunge l’obiettivo di finanziamento previsto, viene cancellato e ricevete i soldi indietro. Molto democratico, e con il merito di consentire anche a chi sarebbe deriso da una banca di avere successo con un buon progetto, ed avviare una promettente attività. Ma dal punto di vista dell’acquirente? Qualche rischio c’è. Non tanto quello di non rivedere mai più il proprio denaro, quanto quello di perdere tempo o ottenere un prodotto diverso da quanto atteso. In diversi casi, i tempi di consegna previsti si sono prolungati di un anno, e in altri sono stati consegnati prodotti con specifiche e caratteristiche diverse da quelle prospettate.

meccanica

La meccanica

Nella scelta di una stampante 3D, il ruolo che gioca la meccanica è fondamentale.
Per quanto alcuni problemi possano essere risolti con una elettronica evoluta (ad esempio, alcune macchine hanno routine di calibrazione della planeità del piano di lavoro automatiche), senza una buona meccanica è abbastanza impensabile ottenere una buona finitura e un buon livello di dettaglio.
La struttura meccanica influisce anche sulla durata della macchina, sulla sua generale affidabilità, e sulle prestazioni in termini di velocità. Con una meccanica più robusta si possono montare motori più potenti e con maggiori accelerazioni.
Cosa dovremmo cercare in una buona stampante 3D:

  • telaio in metallo (barre o lamiera), con il minimo di giunzioni. Pesante, se possibile. Già, contrariamente a quanto si possa pensare, anche per una stampante 3D la rigidità del telaio è importante. Le vibrazioni introdotte da un telaio leggero e poco solido, sebbene meno importanti che per una macchina CNC, possono determinare una cattiva rifinitura
  • guide lineari a ricircolo. Assicurano il minimo attrito possibile e garantiscono un elevato livello di precisione nel movimento. Con guide economiche e bronzine, è praticamente impossibile ottenere strati uniformi, specie se di modesto spessore.
  • movimenti tramite viti IGUS o a ricircolo. Per i modelli economici, i movimenti vengono assicurati da cinghie dentate o peggio da barre filettate comuni. In entrambi i casi il giogo del meccanismo è rilevante, e causa di imprecisioni nella stampa. Un gradino più in su vengono montate viti trapezoidali. Sono più precise, ma come accade per quelle comuni, sono sistemi ad alto attrito e si consumano col tempo.
  • Nei modelli di una certa qualità o semiprofessionali, le viti IGUS e a ricircolo garantiscono un giogo minimo e una notevole durata nel tempo.
  • componentistica in metallo. Tradizionalmente, alcuni componenti delle stampanti 3D sono stampati in 3D a loro volta, in genere da macchine della serie precedente. Parte di questi componenti, come il sistema di trascinamento del filo sono soggetti ad usura e a forti sollecitazioni. Meglio il metallo, lavorato con tecniche CNC o taglio ad acqua.plastica
  • elementi di giunzione in metallo. Vale lo stesso discorso che per la componentistica. Le parti stampate in 3D hanno una resistenza molto inferiore rispetto al metallo, e anche alle parti in plastica ottenute con stampaggio industriale.
  • Motori. Questo argomento sarebbe di competenza della parte elettronica, ma giacché influenza pesantemente gli aspetti meccanici, lo tratto in questa sezione.
    Nel leggere le specifiche tecniche, è importante capire se i motori possono essere azionati a micropassi, e se si, con quale frazionamento. Più alto è, meglio è. Un motore 1/32 è molto migliore di un motore 1/8, e può consentire alla macchina di raggiungere una precisione molto maggiore, poiché il movimento minimo che può effettuare è più piccolo.

bed

Un buon letto fa sempre comodo

Nella vita  (e nelle stampanti 3D) un buon letto è sempre utile.
Il letto (piano di stampa) è importante sia da un punto di vista meccanico (es., se flette non possiamo sperare in un risultato dignitoso), sia perché fornisce il piano di lavoro e di appoggio per il materiale stampato. Durante la stampa il filamento viene portato ad una temperatura alla quale assume una consistenza plastica, che può essere estrusa. Durante il raffreddamento avvengono molti processi che ne modificano consistenza e dimensioni. Raffreddando, molti materiali e in particolare l’ABS subiscono un ritiro significativo, e si generano trazioni interne che dipendono dalla forma dell’oggetto. Gli strati superiori nel frattempo risultano ancora caldi, e non hanno subito le trasformazioni che li aspettano durante il raffreddamento. Ma l’oggetto è unico. Conseguenza: possono avvenire deformazioni importanti (fondo a botte), e l’oggetto può distaccarsi dal piano di lavoro prima che sia finito.
Oltre ad una serie di accorgimenti per evitare questi problemi (che sono trattati in un post a parte), un buon piano riscaldato può essere di grande ausilio.
Buono significa piano (es. con uno strato in vetro basaltico o ceramica), riscaldato uniformemente e possibilmente con una certa velocità. Attenzione agli alimentatori: quando la potenza è bassa, il piano non si riscalda mai, o non raggiunge la temperatura di lavoro ottimale (c.a. 110° per l’ABS).

 

lcd interface

Bisogna comprare proprio l’ultima novità?

In particolare gli acquirenti dei prodotti di nanotecnologia sono afflitti dalla sindrome dell’ultima novità. Certo è seccante comprare un prodotto che nel momento in cui arriva appare già superato. Ma bisogna farci l’abitudine, soprattutto in settori a rapida evoluzione (la stampa 3D è un settore a rapidissima evoluzione).

L’ultima novità inoltre nasconde diverse insidie:

  • frequentemente l’ultima novità presenta innovazioni sostanzialmente inutili.
    Ad esempio, di un pannello LCD a colori in una stampante 3D se ne può fare benissimo a meno.
  • Il mercato della stampa 3D è affollatissimo. Tutti i produttori cercano di differenziarsi. Stampanti pieghevoli, stampanti portatili a batteria (per stampare durante un picknic??), stampanti retrattili… se ne sentono di tutti i colori. Ma spesso la caratteristica che viene definita “rivoluzionaria” è semplice fumo, che serve a coprire limiti meccanici e una costruzione economica.
  • La tecnologia ha bisogno di essere consolidata, per garantire affidabilità. In parecchi casi, le stampanti 3D vengono prodotte da piccole aziende, che non hanno risorse per affrontare lunghi periodi di test, e sono ossessionate dal proporre sul mercato a tutti i costi qualcosa di nuovo per emergere. Il risultato è che molti prodotti commercializzati non sono “maturi”, Si sa quello che succede quando si mangia  un frutto non maturo. Il mal di pancia. E’ quello che ci viene quando un estrusore non sufficientemente provato si rompe, o quando (è accaduto) i supporti del piano di stampa si aprono in due. Un passo indietro, rispetto all’ultima novità è salutare.

materiali

Materiali

Semplice. Più sono i materiali supportati, meglio è. Alcuni produttori, seguendo la moda dell’ecologia (per fortuna che non ci sono ancora le stampanti “biologiche”), vantano di poter produrre solo con PLA. Questo non è un vantaggio: è un limite. Realizzare una stampante per PLA è meno costoso che realizzarne una che stampi anche in ABS. E poi, i diversi materiali hanno diverse proprietà. Estetiche, di resistenza, durezza, flessibilità etc. Ci potrebbe servire di stampare con materiali diversi. Quindi più ce ne sono, meglio è.
Attenzione ai materiali speciali. Alcune stampanti usano cartucce proprietarie, altre stick giuntabili o “filettati”, o comunque materiali acquistabili solo dal fornitore della stampante. Questo può creare svariati problemi. Il primo è quello del costo (alcuni materiali “proprietari”, che in realtà sono assolutamente comuni ma confezionati diversamente costano 5-8 volte in più del normale). Il secondo, ancora più importante è quello dell’approvvigionamento. E se il produttore della stampante smettesse di fornirlo tra un anno o due, perché ha aggiornato i modelli, che utilizzano cartucce di formato diverso? Si chiama “obsolescenza programmata”, ed è un fenomeno piuttosto diffuso per obbligare l’acquirente ad un nuovo acquisto quando la macchina è ancora perfettamente funzionante.

Tricolour Mendel

1, 2, 4, 8 Estrusori…. quanti è meglio averne?

L’ultima moda è aggiungere più estrusori possibile. Se lo scopo di stupire con apparenti migliori potenzialità, spesso il massimo che otteniamo è poter stampare il classico vaso a strisce colorate orizzontali… Se va bene. A scapito di un sacco di inconvenienti. Maggiore costo, maggiore ingombro, riduzione dell’area utile di stampa, maggiore peso del gruppo mobile e quindi minore dinamica e accelerazione, e soprattutto minore qualità di stampa. Già, nel 90% dei casi, una stampante con un solo estrusore stampa assai meglio dello stesso modello con più estrusori. Al massimo, per chi ne ha bisogno in base al tipo di modelli che produce, si può pensare ad una stampante con due estrusori (possibilmente nativa, cioè progettata sin dall’inizio in questo modo), per utilizzarne uno dei due per deporre materiale di supporto solubile, es. PVA.

micrometro

Strato minimo

La corsa a proclamare la capacità di stampare con layer microscopici non ha un arrivo. Qualcuno è arrivato a dichiarare 0,025 mm. Certo, sulla carta (sulla carta) uno strato di dimensioni inferiori è associato ad una migliore qualità e rifinitura, ad una scalettatura meno visibile della parte. Ma anche a tempi di stampa biblici. Per stampare un millimetro di altezza con un layer di 0,025mm ci vogliono quaranta strati. Per stampare un oggetto di 10 centimetri ce ne vogliono quattromila. Se si impiega un minuto per strato, siamo a 66 ore. Più il tempo per calcolare lo slicing, ammesso di avere un computer abbastanza potente.
Poi, un altro fatto. Praticamente tutte le stampanti 3D possono, potenzialmente, stampare strati minimi. Almeno la risoluzione dell’elettronica lo consente. Ma perché la cosa abbia senso, ci vuole una meccanica adeguata. Ovvero, guide lineari rettificate a ricircolo di sfere, viti a ricircolo senza gioco con bussola precaricata, un piano di lavoro non a sbalzo, sostenuto su più punti in modo che non fletta, un telaio con una sufficiente rigidità. In generale, i costruttori che forniscono macchine con meccaniche sofisticate, non sbandierano capacità teoriche di stampare strati infinitesimi. Chi sa leggere tra le caratteristiche ed assegnare un valore alla reale qualità non si lascia convincere dalle chiacchiere.

elettronica

Elettronica dell’interfaccia

Molti produttori stanno aggiungendo display LED, lettori di schede SD, pulsantiere, Jog, WiFi etc. Non che non faccia piacere un minimo di comodità. Ma a pensarci bene lo schermo del computer è molto più leggibile di un display, e la sua tastiera molto più comoda di una pulsantiera da bancomat con funzioni limitate. Se queste funzionalità sono presenti, meglio. Ma non vanno identificate come caratteristiche distintive. Se proprio c’è una differenza tra elettroniche, questa riguarda le elettroniche di controllo, non la gestione dell’interfaccia. E comunque i componenti che pesano di più sulla qualità di una stampante rispetto ad un altra sono al 99% meccanici.

Software

Alcuni produttori offrono versioni proprietarie del software, promettendo una estrema facilità d’uso. Nei video dimostrativi pochi clic sono sufficienti ad inviare in stampa un complesso modello. Ma il problema non è la complessità del software, quanto i parametri corretti di stampa, gli accorgimenti per evitare deformazioni e distacco della parte, la calibrazione del piano di stampa e dell’estrusore…
Insomma, la parte relativa allo “slicing” (la preparazione delle sezioni del modello da riempire con il filamento fuso) è in ogni caso abbastanza semplice. In un certo senso potremmo dire che da questo punto di vista un software vale l’altro. E allora forse è meglio puntare su macchine che quantomeno supportano software Open Source, che promette di essere manutenuto e aggiornato più frequentemente e, anche qualora il costruttore della macchina dovesse scomparire dal mercato (molti costruttori sono piccolissime aziende), potremo contare sulla disponibilità di nuove versioni del software nel tempo.

Il rivenditore

La figura del rivenditore è determinante. Un buon rivenditore per prima cosa prova i prodotti prima di metterli in commercio, e può fornire preziosi suggerimenti per l’acquisto. Già, un buon rivenditore. Un cattivo rivenditore vende i prodotti sui quali ha più margine, e cerca di liberarsi quando può dei cadaveri che ha in magazzino.
Ma come si fa a capire chi è buono e chi è cattivo? Beh, da tante cose. Cerchiamo di capire da quanto tempo è sul mercato. Se fa corsi, che tipo di assistenza offre. Quanti modelli vende. Se possibile, andiamo a visitarlo. In fondo, siamo abituati a valutare le persone anche guardandole. Cerchiamo di ottenere una dimostrazione, e di capire se sa usare quello che vende, se ha esperienza. Poniamogli dei problemi, spieghiamogli il percorso che vorremmo seguire per modellare e stampare. E’ un modo per capire se ci potrà assistere anche per problemi di modellazione, conversioni di formato, integrazione tra i vari applicativi. Insomma, cerchiamo di capire se quel rivenditore saprebbe fare quello che vogliamo fare noi. Se siamo gioiellieri, facciamogli fare un gioiello. Se siamo modellisti, un modellino.
Se ne è capace, magari meglio di noi, allora è un buon rivenditore.
A conclusione di questo capitolo, l’acquisto On-Line di una stampante 3D da aziende box mover e spediscono scatole senza sapere quello che c’è dentro è altamente sconsigliato.

Corsi e assistenza

Alcuni rivenditori offrono corsi ed assistenza. Altri obbligano i clienti ad acquistare anche un carnet di titoli per l’assistenza, almeno per il primo anno. Molti utenti pensano di potersela cavare benissimo da soli, ma poi incontrano difficoltà insormontabili. Insomma, è utile fare un corso, o programmare in anticipo che avremo bisogno di assistenza? Per il corso, l’utente non ha esperienze precedenti con la stampa 3D, direi di si. Anche se le macchine sono molto migliorate, le problematiche sono tante, e con un percorso fai-da-te si rischia di perdere molto tempo ad inseguire forum per risolvere i problemi. Per l’assistenza programmata (e pagata) direi di no. Non è detto che le cose debbano andare male. E un buon rivenditore non si tira indietro nell’assistere un cliente, anche se non ha pagato alcun canone.

sicurezza

Sicurezza

Nate come progetti sperimentali, le stampanti 3D per uso personale hanno goduto in qualche modo di una sorta di vuoto normativo da un lato, e dell’entusiasmo dei maker dall’altro, pronti a sorvolare sue aspetti riguardanti la sicurezza pur di poter accedere a basso costo a questa tecnologia. Ma adesso, che le macchine stanno veramente per lasciare il garage ed entrare in casa, ci sentiamo ancora tranquilli?
Magari la vostra bambina vorrà stampare una bambola con papà…
La pericolosità di questi sistemi è relativa, se comparata ad esempio con una macchina fresatrice o persino con un comune trapano. Apparentemente, al massimo ci si può scottare… Beh, naturalmente dipende dall’uso, e dall’ambiente di utilizzo, ma anche i fumi di ABS non sono esattamente un toccasana per la salute.
A seconda della frequenza d’uso e dell’enventuale presenza di bambini, considerate macchine chiuse o con chiusure di sicurezza (meglio), e dotate di un sistema di scarico dei fumi.

 

 

 

Fresature fronte-retro: due efficaci metodi di attrezzaggio – Prima parte

Pietro Meloni Guide, Tecniche di officina 0 Comments

 

I tempi di lavorazione dei progetti CNC, soprattutto quando vengono impiegate per scopi artigianali o hobbistici, sono spesso gravati da lunghe fasi di attrezzaggio. Spesso si finisce per impiegare più tempo ad allestire la macchina che non per effettuare la lavorazione vera e propria. E quando si parla di lavorazioni fronte-retro eseguite su macchine a tre assi, è frequente che, a causa di un attrezzaggio errato, si scopra che il fronte non combacia con il retro soltanto alla fine della seconda lavorazione…

Questo almeno è successo più volte a svariati miei clienti, soprattutto nel primo periodo di utilizzo. Così, dopo aver suggerito come fare con complicate spiegazioni telefoniche, disegni, modelli e sessioni remote a diversi di loro, ho pensato che sarebbe stato più utile pubblicare un post con alcune indicazioni riguardo ad un paio di metodi che risolvono il problema una volta per tutte.

Materiali e fissaggi

La necessità di fissare (staffare) la parte da lavorare in modo più o meno saldo dipende naturalmente dal materiale da lavorare, dalla profondità e velocità della lavorazione e dal diametro dell’utensile. In generale, maggiore è lo sforzo di asportazione che la macchina dovrà fare, meglio dovrà essere fissato il materiale da lavorare.
Esistono molti metodi di fissaggio; dal “blando” biadesivo sino all’estremo staffaggio meccanico, passando incollanti a caldo, tavole a vuoto, morse a ghiaccio, tavole elettromagnetiche e svariati altri metodi. Negli esempi che seguono, utilizzeremo i due estremi: biadesivo (per fissaggio di resine CAM, materie plastiche, legno etc.) e staffaggio meccanico (la soluzione più robusta, adatta a tutti i materiali).

Cosa serve

Supponendo che sia disponibile una tavola con scanalature a T (e che non intendiamo fresarla!), è sufficiente procurarsi:

  • piani rigidi dello spessore di almeno 20 mm (a seconda delle esigenze di PVC, resina fenolica, plexiglass, alluminio – da evitare MDF e truciolare)
  • dadi a T per il fissaggio alla tavola
  • Bulloni con testa a brugola
  • Viti con testa svasata
  • 4 staffe meccaniche (vedi disegno, reperibili in varie misure presso le utensilerie)
    staffa
  • Spine cilindriche in acciaio, reperibili presso utensilerie (es. 6 mm)
  • Biadesivo
  • Frese cilindriche
  • Punte da foratura

Le dimensioni variano a seconda della macchina, dei piani e del loro spessore etc. In seguito vengono fornite indicazioni generiche, ma non è in ogni caso difficile adattare i progetti alle proprie esigenze.

Due metodi: squadra e spine

Per poter riprendere con successo un pezzo già lavorato (es. fronte) dopo averlo smontato dalla macchina (es., per lavorare il retro) è necessario che ci siano dei riferimenti sicuri che consentano un efficace “riposizionamento” della parte, senza che venga perso il riferimento rispetto alle coordinate della macchina.
Ovvero, ci vuole sul piano di lavoro qualche “punto fisso” al quale riferirsi per ricollocare correttamente la parte in una posizione diversa (es. ribaltata).
Negli esempi successivi utilizzeremo due metodi di riferimento: una squadra e delle spine. In seguito entreremo nel dettaglio dei vantaggi e svantaggi di questi due metodi. Per il momento, vediamo come si presentano gli staffaggi “finiti” nei due casi:

Fronte retro squadra

Attrezzaggio per lavorazioni fronte-retro con squadra e biadesivo

 

Fronte retro spine

Attrezzaggio per lavorazioni fronte-retro con spinatura centrale

 

Squadra: Nell’attrezzaggio con una squadra presentato (il più semplice da realizzare) si presuppone il fissaggio della parte da lavorare tramite biadesivo. Questo fissaggio, come già detto in precedenza, è adatto solo per lavorazioni leggere (es. modellismo) su materiali morbidi e non porosi (es. resine CAM, materie plastiche, plexiglass, alcuni legni).
La forma del grezzo deve essere tale da assicurare una buona superficie di contatto (es. un parallelepipedo basso e largo). Il piano martire deve essere di materiale non poroso.

Vantaggi :

  • Fissaggio rapido
  • Possibilità di fissare anche alcuni materiali elastici, non staffabili meccanicamente

Svantaggi :

  • Tenuta modesta
  • Difficoltà in alcuni casi nel distaccare la parte dopo la lavorazione
  • Possibilità che sulla parte rimangano residui di colla
  • Relativamente al metodo “Squadra”, il grezzo deve essere un parallelepipedo  perfettamente squadrato e, per alcuni programmi CAM, delle dimensioni specificate dal programma.

In ogni caso, per questo tipo di staffaggio va usato un biadesivo sottile, non spugnoso, non permanente.

Spine: Nel secondo tipo di attrezzaggio per lavorazioni fronte-retro si utilizzano invece delle spine cilindriche come riferimento per ricollocare la parte, e uno staffaggio meccanico anziché tramite biadesivo. 

Vantaggi:

  • Tenuta molto affidabile, possibilità di lavorare materiali duri (es. metalli)
  • Possibilità di fissare in modo solido anche parti con una pianta di dimensioni ridotte rispetto all’altezza
  • Relativamente al metodo “Spine”, è sufficiente che il piano di appoggio e il piano superiore siano paralleli. Non è indispensabile che gli altri lati siano squadrati, o che la forma sia un parallelepipedo, a condizione che il grezzo sia di dimensioni sufficienti a contenere la parte da realizzare.

Svantaggi:

  • Più complesso realizzare l’attrezzaggio
  • La parte da fissare va “preparata” (forata)

Nota: il tipo di fissaggio (biadesivo/meccanico) è intercambiabile tra questi due metodi. Li ho usati entrambi a titolo di esempio. La differenza sostanziale tra i metodi consiste nell’uso di una squadra nel primo caso, e di spine nel secondo, non nella modalità di fissaggio della parte.

Nota: per entrambi i metodi viene usato un doppio piano martire. Quello inferiore (comune ad entrambi i metodi) resta fissato stabilmente al piano di lavoro della macchina. Quello superiore (diverso per i due metodi) viene montato su quello inferiore tramite spine e bulloni. Questo accorgimento consente di utilizzare il metodo preferito a seconda del tipo di lavorazione da effettuare, e – realizzando più piani “secondari” -, di preparare “fuori macchina” dei “caricatori” pronti.

Preparazione del piano martire principale

La dimensione del piano deve essere coerente con il passo tra le cave a T della macchina. Lo spessore suggerito è 20-25 mm.
Il piano martire va stabilmente fissato al piano della macchina con staffaggi meccanici (vedere immagine). Successivamente, misurando il passo tra le cave, vanno effettuati 8 fori. I fori nella metà dei lati (rossi) debbono avere esattamente il diametro delle spine cilindriche reperite (es. 6 mm), e una profondità uguale a circa la metà dello spessore del piano martire. I fori in corrispondenza degli spigoli (arancio) debbono essere passanti, coincidenti con il centro delle cave, e debbono avere un diametro che consente il passaggio dei bulloni per i dadi a T (es. 6-8 mm). Gli stessi fori vanno ripassati per una profondità sufficiente ad annegare la testa dei bulloni a brugola che verranno utilizzati, con una adeguata punta (es. 10-13 mm).

Tavola 1

Foratura del piano martire principale

Completata la foratura, il piano martire fa fissato stabilmente al piano di lavoro della macchina con bulloni a brugola e dadi a T, collocati nei fori disposti in corrispondenza dei bordi (rossi).

———————————-    SEGUE ——————————————————–

Le parti successive di questo articolo verranno pubblicate a breve. Se siete interessati a consultarle, potete collegarvi periodicamente nei prossimi giorni al blog, sottoscrivere il blog nella home page in alto a destra, o sottoscrivere il feed RSS (Link Voce RSS in basso a destra) per ricevere automaticamente i nuovi articoli. Nota: per gli utenti del browser Chrome può essere necessario installare un’estensione per la lettura dei feed RSS (disponibile gratuitamente nello store Chrome).

 

 

 

Stampante 3D Ceramic Delta

Pietro Meloni Stampa 3D 0 Comments

 

Un interessante progetto di stampante 3D con tecnologia Delta disegnata per stampare con ceramica ed altre paste plastiche a freddo.

Ceramic Delta

 

La costruzione di questa stampante è semplice, con un grado di difficoltà pensato per artisti, ceramisti e designer. Non impiega parti in plastica da stampare in 3D.

L’estrusore è composto da parti adattate dal settore adesivi.
L’argilla o ceramica morbida viene estrusa dalla cartuccia con utilizzo di aria compressa, con una pressione di circa 2 bar. La regolazione della pressione in base alla densità e alle caratteristiche del materiale controlla la velocità del flusso.

Stampante 3D Prusa i3 Rework

Pietro Meloni Stampa 3D 0 Comments

 

Basata sulla EiNSTeiN variant, questa stampante 3D prodotta da eMotion-Tech è la terza versione della popolare Prusa Mendel Open Source.
In questa interpretazione il frame è in alluminio tagliato ad acqua, integrato da barre filettate. Il movimento sugli assi avviene su barre lisce ed è azionato da cinghie dentate e pulegge o barre filettate e motori NEMA 17.

Prusa i3 Rework

Migliorie apportate

  • Estrusore migliorato: Magma Hotend (by Trinity Lab) supportato.
  • Nuovo collettore di raffreddamento per Magma Hotend.
  • Ingranaggio di rinvio Y con sistema tensionatore.
  • Ingranaggio terminale X con blocco termine.
  • Miglioramento ingranaggio terminale X per supportare cuscinetti a sfera 624.
  • Motore Y con blocco termine.
  • Aggiunto ingranaggio terminale Z in sito.