Proprio mentre aspettiamo a giorni di ricevere il primo stock delle promettenti stampanti Raise3D, ho ricevuto stamattina una email da Julia Truchsess, con la quale sono spesso (piacevolmente) in contatto, che mi segnalava una sua stampa, effettuata con una RaiseN2 e con i materiali TreeDFilaments che sta sperimentando.
Julia è una donna straordinaria. Inventore, ingegnere elettronico, progettista, consulente, system innovator, con la sua Pragmatic Design Inc. ha registrato molti brevetti e sviluppato dispositivi elettronici che hanno prodotto un giro d’affari per oltre 70 milioni di dollari.
Ma nel “nostro” mondo, è forse più nota per la sua competenza e passione per la stampa 3D, e per la sua presenza sempre disponibile nei più accreditati forum. Accanita sperimentatrice, ha realizzato tra l’altro alcune modifiche hardware per le stampanti Zortrax (Z-Temp e Z-He), e continua ad arricchire le nostre conoscenze, pubblicando sapienti consigli e suggerimenti, su come ottenere il meglio da filamenti provenienti da tutto il mondo.
Stavolta si è appunto cimentata con la stampa di una pregevole statua (modello di bendasie, pubblicato su Thingiverse), utilizzando appunto una Raise3D N2 che possiede da Gennaio 2016, e l’ottimo – Italianissimo EcoGenius PLA Bronze prodotto da TreeDFilaments.
Nell’articolo di presentazione della Cubicon 110F Single pubblicato alcuni giorni fa, avevo promesso successivi approfondimenti dopo un “test drive” all’arrivo delle stampanti.
Beh, le macchine sono arrivate, e naturalmente non ho resistito più di qualche ora prima di aprire l’imballo. Premetto che in questo articolo posso esprimere soltanto delle impressioni generali: è troppo presto per un verdetto definitivo; alcuni aspetti, quali l’affidabilità, la qualità del supporto e della comunità emergono anche dopo diversi mesi. Ma anche dopo questa “prima esplorazione”, si evidenziano chiaramente abbastanza elementi per fare confronti.
Tanto per rendere la cosa un po’ più interessante, ho pensato subito di alzare l’asticella, e fare un confronto con la macchina desktop che è indiscutibilmente il punto di riferimento in termini di affidabilità e qualità di stampa: la Zortrax M200.
Per qualche verso la comparazione può apparire impari: in fondo, la M200 ha ormai due anni; i modelli si sono evoluti e presentano nuove caratteristiche e funzionalità. E’ un po’ come un incontro di boxe tra un grande campione non più giovanissimo, e un aspirante al titolo fresco fresco. Sarebbe stato più equo da questo punto di vista un confronto con la Inventure, ma purtroppo non sono ancora arrivate. Comunque, la M200 al momento detiene (meritatamente) la fascia di campione, c’è poco da fare; è con lei che bisogna fare i conti.
A sinistra: Cubicon 110F (25mm) – a destra: Zortrax M200 (56 mm).
Bene. L’incontro si svolge su diciotto riprese. Qualcuna è andata pari, qualcun’altra ha segnato qualche punto in più per uno degli avversari. Diciamo subito che non c’è stato un KO. Anche se con certezza queste due macchine si contendono un preciso spazio di mercato (quello della stampa con ABS di accurati prototipi funzionali), credo che continueremo a vederle entrambe protagoniste. Ecco a voi, comunque, un estratto delle mie impressioni.
Cubicon 110F
Zortrax M200
Packaging
Sembra poco rilevante in un confronto. Ma già dall'imballo, un occhio esperto può ricavare un'attendibile anteprima di cosa troverà all'interno. L'imballo parla della cura del produttore, di quanto "tiene" ai suoi clienti, del livello di industrializzazione della macchina. Tutti i dettagli sono significativi: la robustezza, la qualità del cartone, il confezionamento interno, gli accessori ed eventuali materiali forniti.
Le dimensioni sono allarmanti, circa 65x65x60 centimetri. Abbiamo l'impressione che ci abbiano spedito un'altra macchina. La scatola è in robusto cartone ondulato, con stampe di qualità, rivestito completamente in cellophane per proteggerlo dalle intemperie e sigillato con fascette in nylon. Le maniglie in plastica laterali aiutano gli spostamenti, ma è meglio essere in due.
All'interno, la macchina (avvolta in più strati di film antistatico), molto scotch blu che non rilascia adesivo. Cover inferiore e superiore in polistirene. Nella macchina, che è totalmente montata, svariati scomparti di foam contengono una valigetta in metallo con attrezzi di ottima qualità, due bobine di filamento, campioni di stampa di qualità eccezionale. Il voto è semplicemente 10.
Molto meno ingombrante dell'imballo Cubicon (circa 46x46x57 cm), è composto da ben due scatole in cartone ondulato, una dentro l'altra come una matrioska. All'interno due cover in foam ad alta densità proteggono egregiamente la macchina, forse da una caduta anche di qualche metro. Nella macchina molto bollinato, una scatola in cartone che contiene il piano di lavoro, alcuni componenti che vanno montati, un elenco interminabile di accessori di ottima qualità, una bobina di filamento. Anche l'imballo Zortrax merita 10. Per il momento, 1 a 1.
Ingombro e peso della macchina
(dati, nessun voto)
No, non avevano sbagliato prodotto. La Cubicon è grande. Circa 54 x 55 x 50 cm. Pesa 22 chilogrammi.
La M200 risulta piuttosto compatta. Con la bobina montata (nella Cubicon è interna), ha bisogno di uno spazio di 43x34x62 cm. Pesa 20 chilogrammi.
Jog e display
Ergonomia, facilità di lettura
E' presente un jog, due pulsanti (Back e Home), e un display monocromatico grafico. Il jog manifesta qualche leggera incertezza. Voto 6,5.
E' presente un jog e un display grafico ad alta risoluzione. Anche qui qualche leggera incertezza nel jog. Voto 7.
Plug&Play
Quanto ci vuole prima di utilizzare la macchina?
Non ci sono componenti da montare. Ma sono necessari alcuni minuti per rimuovere tutte le protezioni (film antistatico, scotch blu). Voto 9.5
Ci sono alcuni componenti che vanno montati (piano di lavoro, guidafilo, portafilo, passacavi) ed alcuni connettori da fissare. Ma è molto semplice, e ci vuole poco tempo. Voto 9
Prima calibrazione
Per quanto riguarda la collocazione della macchina, è presente una bolla che permette di metterla in piano, regolando i piedini. La calibrazione del piano semplicemente non è necessaria. La Cubicon ha una routine di calibrazione totalmente automatica, che non soltanto prevede una accurata "tastatura" elettronica del piano ripetuta in diverse posizioni, ma fisicamente lo allinea geometricamente con degli attuatori. La calibrazione viene eseguita automaticamente prima di ogni stampa. Voto 10
La calibrazione è assistita dalla "tastatura" del piano. La prima volta prevede che le tre viti vengano serrate completamente. Durante l'esecuzione della routine, la macchina segnala quale vite vada eventualmente serrata o allentata, ma non di quanto. Il processo può essere piuttosto lungo la prima volta. Voto 8.
Calibrazioni successive
Come detto in precedenza, la calibrazione viene effettuata automaticamente prima di ogni stampa. Voto 10
Se il modello viene rimosso (come dovrebbe) smontando il piano di lavoro, è molto difficile che la calibrazione venga persa (può durare mesi). E comunque, il ripristino della calibrazione con l'ausilio della routine prevista è piuttosto veloce. Voto 9.
Caricamento filo
La bobina è contenuta in un vano laterale. L'ingresso del canale filamento è conico, l'inserimento del filamento è molto veloce. Voto: 9
La bobina è posta dietro la macchina. E' necessario che la parte posteriore risulti quindi agibile. Il carico filamento è veloce e affidabile. Voto: 8,5
Scarico filamento
La temperatura deve essere impostata dall'utente. Lo scarico viene quindi gestito con una routine che prevede un piccolo avanzamento, e successivamente espulso. Qualche volta è comunque difficile estrarlo, e la routine deve essere ripetuta. Voto 7
Viene gestito da una routine che raggiunge una temperatura standard per tutti i filamenti, ed espelle quello installato. Raro incontrare delle difficoltà nella fuoriuscita. Voto 8.
Piano di lavoro riscaldato
Raggiunge temperature molto elevate (sino a 120° reali). Il piano è perfettamente liscio, in metallo apparentemente anodizzato. E' possibile usare Brim, Skirt e Raft, a seconda delle esigenze. L'adesione è eccezionale, e la superficie appare molto robusta e durevole. Il piano non è rimovibile, ma come vedremo in seguito, non serve rimuoverlo. Voto 10.
Il piano microforato Zortrax è una delle migliori soluzioni apparse negli ultimi anni. Ha un'ottima tenuta, che può essere ripristinata nel tempo con l'ABS Juice. Il piano è rimovibile, magnetico, e si centra automaticamente per la presenza di spine asimmetriche. Non comodissima la necessità di scollegare e ricollegare i connettori per estrarre o inserire il piano. La superficie di contatto con il modello può essere sostituita. Voto 7,5.
Distacco del modello
Semplicemente magico. Non si capisce come sia possibile, ma una volta raffreddata la camera di stampa, il modello appare semplicemente "poggiato" sul piano. Non è necessario usare una spatola. Se il modello non è troppo pesante, soffiando si sposta sul piano. Voto: 10 con lode.
Soprattutto nei primi tempi, in cui il trattamento al quale il piano è sottoposto in fabbrica è nuovo, il distacco è piuttosto difficile. Ma ben venga: nella maggior parte delle macchine il problema è il contrario: tenere il modello fissato durante tutta la stampa! Voto: 7,5.
Software
Potenzialità, facilità di utilizzo
Cubicreator è un software decisamente semplice da usare, fa onestamente il suo mestiere, ed include la possibilità di creare manualmente i supporti. Permette di modificare svariati parametri (velocità, flusso, spessore layer, infill, temperatura etc.) e consente quindi l'uso di filamenti terze parti. Il calcolo è piuttosto veloce e la qualità delle traiettorie buona. Voto: 8
Z-Suite nasce per la Zortrax M200 ed i suoi materiali. E' semplicissimo nell'interfaccia e non sbaglia un colpo. I detrattori si lamentano che alcuni parametri chiave (es. temperatura, velocità, ritrazione), non possono essere modificati. Ma questa è una caratteristica peculiare della M200, voluta dai progettisti per garantire che la macchina stampi sempre bene. Cosa che in effetti fa egregiamente. Voto 8.5
Chiusura del vano di stampa
La Cubicon è completamente chiusa su sei lati dalla fabbrica. Sono facilmente accessibili tramite sportelli sia il lato frontale, sia il lato superiore. La visibilità è relativamente limitata: il modello è visibile dal lato superiore e frontale. Voto 9.
La M200 "standard" è chiusa soltanto su due lati. Il modello è molto visibile, ma anche molto esposto a sbalzi di temperatura. Sono disponibili (opzionalmente) dei pannelli in plexiglass (laterali fissi e frontale con cerniera), ma rimane comunque aperto il lato superiore, con notevole fuoriuscita del calore del vano di stampa. Voto 6,5
Camera calda
Deformazione dei grandi modelli
E' il punto di forza della 110F. La camera di stampa è infatti riscaldata per convezione, e può operare ad una temperatura assolutamente costante sino a 60°, Questa pressoché esclusiva caratteristica in macchine desktop di fascia prosumer (in attesa della Zortrax Inventure) promette l'agognato "Zero Warping" dell'ABS. Non abbiamo ancora provato stampe "grandi", ma siamo fiduciosi. Voto 10.
Non presente.
Rumorosità
Un colpo al cerchio e uno alla botte. Le armoniche dei motori stepper della Cubicon si fanno sentire, non a livello di dare disturbo, ma rispetto alla Zortrax ci sono diversi decibel di differenza. Voto 6.5
M200 è la macchina più silenziosa tra tutte quelle che abbiamo provato. Si sente praticamente soltanto il rumore (poco percettibile) delle ventole. I movimenti sono estremamente fluidi. Voto 10.
Filtri per la depurazione dei fumi
La 110F monta ben tre filtri per la cattura delle particelle sottili e per deodorare i fumi. Può essere tranquillamente utilizzata in ambienti chiusi senza percepire alcun odore. Voto 10
Non presenti.
Estrusore rimovibile
E' una delle peculiarità della Cubicon. Il blocco estrusore può essere velocemente sostituito allentando una ghiera. E' disponibile un estrusore specializzato (opzionale) per elastomeri. Cosa molto comoda, che in una macchina che utilizzi ABS, PLA e TPU permette. utilizzando un estrusore per ciascuna tipologia di materiale, permette di evitare che si compongano nell'hot end miscele di polimeri che intasano l'ugello.
Non presente.
Volume di lavoro
240x190x200 mm reali (senza raft). Interessante, soprattutto considerando che con la camera calda dovrebbe essere possibile stampare modelli di queste dimensioni in ABS, senza deformazioni.
Circa 185x185x180 mm, considerando il raft.
Spessore layer e qualità di stampa
E' piuttosto presto per giudicare: abbiamo stampato solo un paio di modelli. La qualità sembra tuttavia ottima, ed possibile impostare il layer a piacimento.
Lo spessore del layer minimo è di 0,10 mm per l'ABS (corrispondente all'impostazione 0,09). La qualità della Zortrax è proverbiale.
Laureata a pieni voti da una campagna Kickstarter che ha riscosso un grande successo, Raise3D, azienda basata in California con una sede anche a Shanghai, ha presentato al CES 2016 la sua serie N, una linea che comprende tre stampanti da 200x200x250 sino a 305x305x610mm di volume.
Il look, minimale, privilegia un’ampia visibilità da quattro lati, senza per questo esporre il modello in lavorazione a dannose correnti d’aria. Le macchine, votate alla stampa di modelli di grandi dimensioni sono infatti chiuse su sei lati, per garantire una temperatura costante nella camera di stampa.
Due cose saltano immediatamente all’occhio: la presenza di quattro (anziché due) guide lineari per l’asse Z, che sostengono l’ampio piano di lavoro nei quattro spigoli per evitare potenziali flessioni, e di una doppia (anziché singola), pregiata vite a ricircolo di sfere per la movimentazione. La rigidità di questo sistema evita la necessità di calibrazione, che viene effettuata direttamente in fabbrica e non richiede successivi aggiustamenti.
Appare vistoso anche il grande pannello LCD a colori (7″) posto sul frontale, che consente di controllare tutte le fasi della stampa.
Determinante (come per tutte le macchine di grande formato, che debbono stampare per decine di ore consecutive), la presenza di un sofisticato sistema di ripresa della stampa dopo interruzione di corrente, che si avvale di una batteria al litio integrata.
Con una architettura di alimentazione a trazione diretta, nella quale i filamenti scorrono attraverso due piastre in un percorso almeno apparentemente completamente guidato, le macchine possono impiegare filamenti standard 1.75 (anziché l’ormai poco diffuso 3.00mm, adottato nelle macchine di grande formato con alimentazione Bowden), e stampare praticamente qualsiasi tipo di filamento, inclusi gli elastomeri.
La connettività WIFI, U-DISK e USB permette di gestire con facilità cluster di stampanti per completare rapidamente grandi progetti.
Notevole l’elettronica. Le macchine sono dotate di un PC in ambiente Lynux con un processore ARM Cortex 1.0Ghz, 4 porte USB, 8Gb storage, 16 porte IO.
Ottima nelle immagini la risoluzione e la qualità generale delle stampe.
Insomma, le N2 fanno molte promesse. Se mantenute, la prospettiva di conquistare il mercato delle stampanti di grande formato nel 2016 non appare irraggiungibile.
Nel magazzino ShareMind le stampanti saranno disponibili in pronta consegna a partire da fine Maggio, ma naturalmente è possibile prenotarle sin da ora.
Dopo un periodo nel quale le novità di rilievo nel mercato delle stampanti 3D FDM hanno scarseggiato, che poteva far pensare ad una contrazione del mercato, stiamo assistendo al rilascio di una serie di modelli con caratteristiche e funzionalità innovative.
Dopo i primi pionieristici quanto scarsamente rigidi “telai” in legno o barre filettate, seguiti a ruota da quelli in profilati imbullonati, utilizzati in macchine con molti componenti stampati in 3D, si è passati ad assemblaggi più industrializzati. I telai in alluminio o acciaio elettrosaldati, la presenza di dispositivi per facilitare la calibrazione, l’uso di viti a ricircolo ha battezzato una seconda generazione, prodotta in grandi serie. Ora siamo davanti a prodotti nei quali il processo di industrializzazione si può dire completato. Le nuove macchine – la terza generazione – sfoggiano carrozzerie (chiuse) che strizzano l’occhio al design, dispositivi che migliorano l’affidabilità e l’ergonomia, software proprietari “ad hoc” che ne sfruttano a pieno le potenzialità.
A questa categoria appartiene la nuova Mankati E180. Un nuovo “Player” che farà parlare molto di se.
La stampante, orientata ad un mercato professionale, è un azzeccato mix di innovazione tecnologica, affidabilità meccanica e sofisticata elettronica, condito da un software di altissimo livello.
Il produttore afferma:
“Quando parliamo di qualità di stampa, non ci riferiamo soltanto allo spessore layer o alla risoluzione. Parliamo di superfici perfettamente levigate, accuratezza dimensionale, riproduzione dei dettagli e facilità di rimozione dei supporti”.
Stabile e durevole
La componentistica meccanica è semplicemente la più accurata ed affidabile disponibile sul mercato. Viti a ricircolo di sfere e guide prismatiche.
La solidità costruttiva è un must per garantire l’affidabilità e la ripetibilità dei risultati. Ma non è tutto. La nuova E18o offre molto di più.
Camera chiusa
Possiamo dimenticare l’elevato tasso di insuccesso nelle stampe con materiali ad alta ritrazione come l’ABS, il PCABS e il PC. Il vano di produzione completamente chiuso assicura un ambiente di stampa a temperatura costante che previene deformazioni, delaminazione e distacco del modello.
Rilevazione materiale
La E180 si interrompe automaticamente se il materiale si esaurisce, ed invia una notifica al vostro PC. La stampa può essere ripresa subito dopo aver sostituito il filamento.
Purificazione dell’aria
La maggior parte dei materiali sono classificati come “non nocivi” durante la stampa 3D. Ma in ogni caso, specialmente in ambienti professionali nei quali possono essere presenti molte macchine, non fa piacere respirare i fumi. La nuova Mankati integra un filtro che cattura le più sottili particelle ed elimina qualsiasi odore sgradevole.
Gestione cluster
Con il nuovo Mankati Remote Software, è possibile gestire simultaneamente un gruppo di stampanti attraverso uno o più PC. La gestione della stampa multiask non è mai stata così efficiente.
Monitoraggio remoto
Una camera onboard (opzionale) permette di verificare il progresso della stampa attraverso un computer o uno smartphone.
Facilità d’uso
La calibrazione completamente automatica “One Click” permette di livellare il piano di stampa senza alcun intervento manuale, e di iniziare a produrre il primo modello in pochi secondi.
Design modulare
Grazie ad una attenta progettazione, il design modulare della E180 riduce al minimo la complessità di manutenzione e riparazione.
Piano di lavoro rimovibile
Per facilitare il distacco dei modelli, il piano di lavoro può essere facilmente estratto dalla macchina. La sua speciale conformazione non richiede alcun tipo di accorgimento per migliorare l’adesione (Kapton, Blue Tape, Lacca etc.)
Software dedicato
La E180 viene fornita con un sofisticato software dedicato, che permette di ottenere stampe “hassel free” utilizzando i materiali proprietari attraverso parametri predefiniti, ma anche di impiegare materiali terze parti intervenendo ove necessario sulla configurazione.
Principali caratteristiche tecniche
Tecnologia: MPM (Melted Plastic Modeling)
Volume utile: 180 x 180 x 200 mm
Spessore layer suggerito: 0,06-0.4 mm
Superficie piano: piastra perforata
T.max piano: 110°
Piano rimovibile: si
Calibrazione automatica: livellazione piano e calibrazione altezza ugello senza intervento manuale
Calibrazione manuale: 4 viti di regolazione con notifica LED
Diametro ugello: 0,4 mm
T.max estrusore: 350°
Rilevazione filo: pausa automatica per filamento esaurito
Raffreddamento modello: due ventole con convogliatore
Tecnologia estrusore: full metal, modulare, a sostituzione rapida
Display grafico e pulsantiera di controllo
Illuminazione interna LED
Materiali: mABS, mPC, mPLA, Nylon, materiali terze parti
Diametro filamento: 1,75 mm
Controller: ARM 32 Bit
Capacità di memoria onboard: 4 Gb
Precisione XY: 1,5 micron
Precisione Z: 1 micron
Interfaccia: WIFI, Ethernet, U-Disk, cavo USB
Filtro aria: si
Camera onboard: si
Sistemi operativi: Windows Vista o sup., MacOS 10 o sup.
Formato file: STL, OBJ, mCode
Software di stampa: Mankati mWare
Software gestione cluster: Mankati mRemote
Dimensioni fisiche: 345x430x490
Peso: 15 Kg.
Le nuove Mankati M180 saranno disponibili in pronta consegna presso ShareMind a partire da fine Maggio 2016, ma possono essere prenotate sin da ora.
Si, decisamente ci troviamo di fronte ad una nuova generazione di stampanti 3D.
I modelli presentati più recentemente puntano ad un’esperienza di stampa “hassel free”, in cui il concetto di Plug@Play, ormai “scontato” per una macchina moderna, viene espanso migliorando l’ergonomia, semplificando il software e la manutenzione, e curando – perché no? – il design.
Già venuta alla ribalta per la sua ottima “Single”, che ha ricevuto unanimi consensi, Cubicon “cavalca” questa nuova tendenza con un modello più piccolo – la 210F “Style”, che ha tutte le carte in regola per scalare rapidamente la hit parade.
Gli ingredienti del successo ci sono tutti. Compatta, elegante, la Style presenta una carrozzeria completamente chiusa e integra (come la sorella maggiore) un triplo filtro per la depurazione dell’aria, estrusore intercambiabile, calibrazione totalmente automatica, piano di lavoro trattato che non richiede alcun accorgimento per il fissaggio della parte.
Ma qualche differenza tra la Single e la Style c’è. In primo luogo, le dimensioni di stampa: 150x150x150. La riduzione del volume utile ha consentito di controllare la temperatura della camera di stampa (30-55°) con una tecnologia diversa, che ha contribuito a ridurre i consumi. Ed ha permesso di ridurre considerevolmente l’ingombro, offrendo la possibilità di collocare la macchina anche in spazi modesti. Tra le altre differenze, l’adozione di un pannello comandi touch screen in luogo del convenzionale Jog, e un’accuratezza doppia (6,3 micron su XY e 1,25 micron su Z) rispetto alla 110F Single.
Pensata per un ambiente domestico, la Style è silenziosissima (meno di 45db), e, anche grazie al filtro che elimina qualsiasi odore e fumi nocivi, può essere tranquillamente usata in una camera da letto durante la notte, senza arrecare alcun disturbo. Ma certamente, grazie ad una elevatissima qualità di stampa, alla facilità di pulizia e alle adeguate dimensioni, non sfigura in uno studio odontotecnico, in un ufficio tecnico o in un laboratorio orafo.
La Style è una stampante versatile, che offre risultati eccellenti con ABS, PLA e TPU. Il controllo di tutte le fasi di stampa è garantito da un comodo ed elegante pannello Touch a sfioramento. Le Cubicon Single e Style saranno disponibili presso ShareMind a partire da metà Maggio.
Le vendite MakerBot sono stabilmente in calo su base mensile da oltre 12 mesi, sin dal rilascio della sfortunata 5 ° generazione MakerBot nel 2014. In una mossa disperata, l’azienda ha deciso di svendere negli Stati Uniti il suo ex prodotto di punta, la Replicator 2, al prezzo di 799 $. Si tratta di uno sconto di $ 1,200 dal prezzo di listino. Ciò evidenzia chiaramente le difficoltà incontrate dalla controllata Stratasys. La società ( SSYS ) pubblicherà i suoi risultati del primo trimestre il 9 maggio. Le difficoltà di MakerBot potrebbe pesare sui risultati e sul valore delle azioni. Come ultimo tentativo, MakerBot ha scelto di scontare pesantemente la Replicator 2 su Amazon. I rivenditori MakerBot avranno certamente qualcosa da ridire in merito alla decisione, che comunque non riguarda il mercato Italiano.
Personalmente non ho mai eccessivamente amato questo marchio, e francamente non acquisterei la Replicator 2 neppure a questa cifra. Ma è comunque certamente triste vedere come l’ex iconico produttore di stampanti 3D abbia completamente perso la sua magia. La R2 è stata votata molte volte in passato come una tra le migliori stampanti desktop 3D, ma evidentemente il pubblico la pensa diversamente. L’impressione che suscita questa campagna è che il prodotto sia molto vicino ad essere ritirato dal mercato.
L’incapacità dell’azienda di innovare è certamente una possibile spiegazione per le difficoltà attuali.
La realizzazione di plastici e modelli architettonici trova un formidabile alleato nella stampa 3D. In particolare, gli elementi decorativi largamente impiegati in alcune architetture (es. gotica, barocca) risulterebbero estremamente complessi da realizzare con altre tecniche. D’altro lato, questo genere di modelli spesso ha dimensioni rilevanti, e ciò, impiegando la tecnologia della stampa 3D, implica svariati problemi di tempi, costi, quasi inevitabili deformazioni e probabilmente molto postprocessing. Oltretutto, un edificio romanico o una chiesa gotica di plastica non sono esattamente il massimo.
L’impiego di stampi in gomma siliconica e resine da colata può facilitare, abbreviare e rendere piacevole la realizzazione di questo genere di modelli. Tutti abbiamo giocato con il Lego, anche se (almeno molto tempo fa, ora le cose sono cambiate), i mattoncini erano soltanto rettangolari, e permettevano di avvicinarsi ad architetture reali solo con la fantasia. Usare elementi che rispecchiano in modo realistico la forma di elementi architetturali per costruire un “puzzle 3D” è molto più divertente, e si possono ottenere risultati eccezionali.
Nel video in basso viene utilizzata una stampante 3D (una 3DGence, ottima macchina Polacca) per produrre i “master” dei singoli elementi, e le casseforme per realizzare gli stampi. Con l’aiuto di gomme siliconiche con vulcanizzazione a freddo, si ottengono stampi elastici che permettono di estrarre anche modelli con discreti sottosquadri. Una successiva colata di resina (che può essere caricata con polveri di marmo, pietra, silice ed altri materiali per un maggiore realismo) permette di replicare “all’infinito” questi elementi, che verranno successivamente assemblati per costruire il plastico desiderato.
L’uso di resine da colata presenta molti vantaggi rispetto alla realizzazione direttamente attraverso la stampa 3D:
il tempo di sformatura (tempo necessario affinché il materiale possa essere estratto dallo stampo) è molto breve, di solito 10-15 minuti. Costruendo ad esempio uno stampo per 40 “mattoni”, si possono ottenere 4o elementi in dieci minuti: il tempo per stamparli in 3D potrebbe essere 50 volte maggiore.
Il costo “per elemento” risulta nettamente inferiore. Sebbene le resine possano anche essere costose, le cariche – che costituiscono la maggior parte del peso – sono invece molto economiche rispetto ai filamenti. E’ anche possibile usare composti a base acqua già pronti (es. Marmorina), che hanno un costo di circa 5€/Kg e sono estremamente realistici.
Il materiale utilizzato può essere pigmentato con qualsiasi sfumatura di colore.
La resistenza meccanica e ai raggi UV, il peso, la sensazione tattile sono migliori rispetto ai modelli stampati.
Il realismo ottenibile è di gran lunga maggiore. Effettuando un modesto postprocessing sui master (carteggiatura, levigatura o vernice levigante) viene automaticamente propagato a tutte le copie ottenute.
Nello shop ShareMind sono disponibili tutti i prodotti necessari per sperimentare questa piacevole e produttiva modalità di realizzazione dei plastici.
Certo, il metallo ha un “look & feel” molto diverso rispetto alla “plastica”. Per quanto esistano filamenti che in qualche modo somigliano al metallo (es. Copperfil), questa somiglianza non è poi così stretta e credibile. Al tatto, non risultano altrettanto freddi, non sono altrettanto lucidi, e risultano spesso difficili da stampare. Per ottenere maggiore credibilità le stampe possono essere lucidate, ma questa è un’operazione complessa, e non necessariamente è possibile accedere a tutte le aree del modello. Insomma, ci si “avvicina”, ma alla fine parliamo sempre di un termoplastico caricato con polvere di metallo, e non è la stessa cosa.
Certo “stampare” direttamente metalli non è proprio alla portata di tutti. Le stampanti che lo consentono sono industriali, ingombranti, costosissime, e richiedono potenze di alimentazione non certo domestiche. Fuori portata per l’appassionato, ma anche per lo studio tecnico che vuole realizzare un prototipo, una maquette in metallo che appaia realistica.
Una soluzione c’è. Avremo presto disponibile (in alcuni giorni) un interessante kit che consente in un ambiente domestico, senza pericoli, di realizzare stampi e fusioni metalliche di piccoli oggetti.
Il procedimento è semplice:
Viene realizzato con la stampante 3D un modello “master” che verrà riprodotto in metallo
Opzionalmente, il modello può essere rifinito prima di realizzare lo stampo (carteggiato, levigato, lucidato con vernici epossidiche autolivellanti etc.).
Viene realizzato uno stampo in gomma siliconica (a pozzo o bivalve)
Viene fusa e colata nello stampo una speciale lega bassofondente
Il gioco è fatto. Potremo finalmente realizzare in modo facile e rapido bomboniere, modellini militari, gadget, prototipi di accessori moda, statuine e qualsiasi altro oggetto debba venire rappresentato in metallo.
Il kit comprende tutto il necessario:
La gomma siliconica con relativo catalizzatore per realizzare lo stampo con vulcanizzazione a freddo.
Un flacone con la polvere di grafite, da cospargere nello stampo per facilitare la scorrevolezza del metallo fuso.
Due lingotti di lega metallica bassofondente specificatamente preparata. La lega ha un punto di fusione molto basso, inferiore al piombo, a confronto del quale però possiede una elevata durezza e mantiene il colore argenteo inalterato nel tempo. Non è nociva e non emana odori ne fumi durante la fusione.
Inoltre il kit comprende il foglio di istruzioni d’uso che descrive dettagliatamente il procedimento.
Come crogiolo si può utilizzare un vecchio pentolino in acciaio o alluminio, e la semplice fiamma del gas per fondere la lega.
Recentemente presentata alla Hannover Messe, una fiera tradizionalmente orientata alle soluzioni per l’automazione dell’ufficio (un po’ come il nostro SMAU), la Stacker S4 viene proposta come una stampante “Industrial Grade” per scopi professionali. Non vorrei stroncare questo prodotto sul nascere (è ancora in prevendita), ma un primo sguardo alle immagini e alle caratteristiche dichiarate mi porta decisamente a formulare un primo giudizio non incoraggiante.
Il look “Americano” della Stacker S4 sembra puntare alla sostanza e non alla forma. Nel comunicato marketing, il produttore sottolinea: “Non sembra un elettrodomestico da cucina, poiché non è un elettrodomestico da cucina. E’ una macchina per la produttività”. E prosegue: “Non ci sono falsi pulsanti o pannelli di plastica. Tutto è all’aperto per una facile accessibilità. Ciò vi permette di modificare la vostra nuova macchina per adattarla alle vostre esigenze. Stacker è perfetta per essere usata come una piattaforma di sviluppo o per tecnologie di stampa alternative.”
?????
Gli Americani sono noti per il loro approccio pionieristico. Ma chi si metterebbe a modificare, appena scartata, una macchina da 10000$? Non ci si aspetta che funzioni già bene così come è stata progettata?
Falsi pulsanti? Ovvero? Magari qualche macchina potrebbe arrivare con un pulsante che non funziona. Ma falso? Non ho mai visto delle macchine con pulsanti finti.
Non sarà che realizzare cover presuppone stampi, e gli stampi costano (così come i pulsanti, peraltro)?
Cerco di non farmi prendere troppo la mano, e provo ad approfondire l’analisi, per quanto possibile senza averla vista dal vivo, della macchina.
Il telaio non da l’idea di un prodotto industriale. Appare costruito da profilati, fissati con “fastner”. Bulloni? rivetti? non si capisce dalle immagini. Ma per quanto mi riguarda, il telaio di una stampante 3D corrisponde alle fondamenta di una casa. Lo preferisco decisamente tutto di un pezzo, elettrosaldato o piegato, ma senza giunzioni che a seguito delle vibrazioni, soprattutto in una macchina “grande” possono rapidamente consentire “deformazioni” della geometria.
Provo ad andare avanti, continuando a leggere le caratteristiche tecniche.
Superior Positional Accuracy. Viene dichiarata una grande accuratezza di riposizionamento, ma non viene specificato il valore della tolleranza. O meglio, viene dichiarato il valore di risoluzione e definito accuratezza, che è una cosa diversa. In compenso, viene precisato che la macchina usa “viti ACME”. Ovvero, barre filettate con filettatura trapezoidale e madrevite in materiale antiattrito. Mah. Quando si tratta di “Industrial grade” e di “Professional”, francamente mi aspetto delle viti a ricircolo, soprattutto in una macchina così costosa.
Ma veniamo al punto dolente. Quattro estrusori “indipendenti”. Dotati di doppia ventola. Con corse (riferite al caso di un singolo estrusore) di 355x525x650 mm. Gli estrusori, tanto indipendenti non sono. Sono fissati su un’unica barra, quindi in Y e in Z possono muoversi soltanto simultaneamente. Ovvero, possono stampare quattro parti geometricamente uguali.
Purtroppo, aumentando il numero di estrusori, il volume utile di ciascuna singola parte si riduce. Sino a 355x96x650mm, nel caso vengano installati tutti e quattro gli estrusori possibili.
L’immagine da l’idea di cosa possa ottenere con questo tipo di volume utile. Sostanzialmente vasi (stretti e lunghi). A chi piace..
Qualche altro dubbio, in ordine sparso
Alimentazione Bowden. Addio agli elastomeri.
Piano di lavoro apparentemente non trattato (richiede Kapton, vinavil, Builtak etc.).
Aperta su due lati. Una pacchia per il warping, con dimensioni così rilevanti.
L’elettronica non è dichiarata, ma da alcuni dettagli sospetto sia 8 bit.
Apparentemente, non è presente alcun display/jog. Quindi non è ben chiaro come possa venire gestita la stampa da scheda SD. Non sarà che necessariamente che per avere un qualche controllo sul processo va pilotata da PC con connessione USB?
Insomma. Che non ami troppo le macchine con estrusore multiplo si era già capito. Ho già scritto diverse altre recensioni in proposito, su macchine simili. Sembrerò banale, ma penso che quattro macchine da 2500$ sono meglio di una da 10000€, se offrono funzionalità analoghe. E in questo caso, con la limitazione a 96 mm di lato per stampa, direi che almeno da un punto di vista di superficie XY, con macchine da 2500$ si può pretendere un’area di lavoro di 250×200 mm., che mi sembra un po’ più sfruttabile di una da 355×96. E poi, quattro macchine permettono di realizzare si quattro modelli uguali, ma anche volendo quattro modelli completamente diversi. Con meno rischi: se si guasta una macchina, le altre tre continuano a funzionare.
La mia valutazione finale? Non sono in condizione di esprimerla, senza aver davvero visto la macchina stampare. Ad ogni buon conto, il modello precedente, la “Stacker 500”, è valutata da Aniwaa una stella su cinque. Sarà un caso?
(Come leggere le caratteristiche tecniche, e cosa cercare nelle stampanti 3D)
Nel blog ci sono già molti articoli di orientamento per la scelta di una stampante 3D, e quasi 200 recensioni di modelli esistenti. Ma nonostante questo, o forse proprio per questo, la scelta può risultare comunque problematica, per chi si accinge a confrontare le caratteristiche tecniche di una serie di stampanti individuate come “papabili”.
Uno dei motivi per cui questa scelta è difficile è sicuramente la varietà dell’offerta, ma rispetto a questo si può fare poco, e comunque ben venga poter scegliere tra molti prodotti anziché tra pochi. La maggior parte dei potenziali acquirenti di una stampante 3D cerca di interpretare e comparare tra loro le famigerate “caratteristiche tecniche” per individuare il prodotto migliore all’interno del suo budget, ma questo apparente buon senso non sempre conduce alla scelta giusta.
Le caratteristiche tecniche sono sempre comparabili?
Un aspetto che rende “insidioso” l’orientamento basandosi sulle “specifiche” è la divulgazione da parte dei costruttori di caratteristiche tecniche utilizzando parametri differenti, non comparabili tra loro, e spesso poco realmente indicativi di caratteristiche o funzionalità apprezzabili. Vediamo quali sono le indicazioni che più facilmente possono trarre in inganno un potenziale compratore, inducendolo ad acquistare un prodotto che sulla carta appare migliore di un altro, ma nella pratica magari non lo è.
Risoluzione
E’ un parametro che apparentemente fa diretto riferimento alla “precisione” della macchina. Ma è decisamente ingannevole. Per risoluzione si intende infatti il movimento minimo che una macchina, in relazione all’elettronica e alla cinematica che utilizza, è in grado di compiere su un determinato asse. Secondo questa descrizione, una macchina che dichiara una risoluzione ad esempio di 0,02 mm potrebbe essere considerata “precisa”. Non è detto che lo sia. Questo parametro infatti non tiene conto dei giochi meccanici. Il parametro corretto per valutare quella che definiamo “precisione” è in realtà la ripetibilità, ovvero l’errore massimo che la macchina compie, dopo aver effettuato dei movimenti, nel tornare accuratamente su un particolare punto. Quando questo parametro viene fornito, ci si accorge facilmente che se la risoluzione arriva talvolta a pochi micron, la ripetibilità raramente scende al disotto di 0,01 mm. Ma il fatto è che questo parametro non viene fornito quasi mai. La nostra macchina considerata all’inizio di questo paragrafo, che con una risoluzione di 0,01 mm potevamo considerare precisa, potrebbe avere una ripetibilità di 0,3 o 0,4 mm., trenta o quaranta volte meno della risoluzione.
Spessore minimo layer
Si è ormai diffusa la tendenza di specificare valori molto bassi per lo spessore minimo degli strati stampati. Sicuramente, riducendo questo spessore l’effetto “gradino” in particolare sulle superfici curve o inclinate si riduce. Ma questo basta a supporre che una certa stampante produca una qualità migliore rispetto ad un’altra, perché dichiara uno spessore minimo più basso? La risposta è NO. Sostanzialmente tutte le stampanti possono produrre layer molto bassi (sino a 0,o25-0,05 mm. Ma nella maggior parte dei casi le tolleranze meccaniche, le vibrazioni, l’approssimazione introdotta dalla cinematica utilizzata suggeriscono valori più conservativi, intorno a 0,10 mm. Come scegliere rispetto a questo parametro? Semplice. Confrontando direttamente la qualità di finitura prodotta per un determinato spessore layer. Non è affatto raro che una stampante che dichiara uno spessore minimo di 0,10 stampi in realtà meglio di una che dichiara uno spessore minimo di 0,025 mm.
Una diffusa convinzione è che più piccolo è il diametro ugello, maggiore sarà la risoluzione dell’oggetto stampato. In termini puramente geometrici ciò è vero. Ma nella pratica, è necessario considerare due aspetti. Il primo è un kill point. I materiali termoplastici conservano una viscosità anche nello stato di transizione vetrosa (durante l’estrusione). Quindi molto semplicemente non è possibile scendere sotto un certo diametro senza rischiare frequenti intasamenti dell’ugello, con un proliferarsi di stampe fallite e svariate problematiche di manutenzione. Per i filamenti attuali, scendere sotto il valore di 0,4 mm comporta spesso già un rischio, anche se vengono forniti ugelli con diametro sino a 0,25 mm. Il secondo aspetto è che i tempi di stampa (ove il problema viscosità sia superabile) aumentano considerevolmente.
Velocità di stampa
Questo è forse il parametro più ingannevole di tutti. Per un sacco di motivi. Il primo è che ciascun filamento dovrebbe essere estruso alla sua velocità ottimale per produrre stampe di qualità. E questa velocità ottimale oscilla tra 20 mm/sec. o anche meno per la maggior parte degli elastomeri e max. 80 mm/sec. per alcuni PLA. Nel mezzo ci sono tutti gli altri filamenti. Quindi che senso ha parlare di velocità di 300-400 mm/sec.?
Un altro motivo è che i percorsi dei movimenti di stampa sono generalmente molto brevi, in particolare nei riempimenti, e caratterizzati da frequenti o frequentissime inversioni di direzione. Ovvero, le velocità “dichiarate” non verranno mai effettivamente raggiunte, per i limiti all’accelerazione. E’ come dire che si, una Ferrari può raggiungere i 300 km./h, ma non certo nel traffico di una città congestionata. Velocità eccessivamente elevate comportano in ogni caso un considerevole aumento delle vibrazioni, una prematura usura degli organi cinematici, e un sostanziale degrado della qualità di finitura: in poche parole non servono.
Temperatura massima dell’estrusore e del piano di stampa
In una delle fiere frequentate, avevo a fianco del mio stand un produttore “semiartigianale”, che dichiarava ad un pubblico attonito dal suo convincente eloquio di venditore di padelle, che gli estrusori usati nelle sue macchine potevano raggiungere i 560 gradi. Notare che le macchine erano senza piano riscaldato. Progettate di conseguenza per il PLA, con estrusori con inserti in PFTE. Come sappiamo, questo materiale degrada rapidamente oltre i 230-240 gradi. Su cosa contava il costruttore di cui sopra? Semplice. Sul fatto che non essendo in quel periodo disponibili filamenti con temperature di esercizio superiori ai 240-250 gradi, nessuno avrebbe realmente messo alla prova i suoi estrusori. Oltretutto, essendo le macchine progettate per stampare soltanto il PLA, probabilmente gli utilizzatori si sarebbero fermati attorno ai 195-215 gradi. Più o meno lo stesso discorso vale per il piano di stampa. Raramente si può avere la necessità di spingerlo oltre i 120 gradi.
Raffreddamento a liquido
Popolare per un certo periodo nei computer “Gaming”, questo metodo di raffreddamento è particolarmente “scenico”. Ma introduce una serie di problemi tecnici e potenziali rischi di perdita dell’impianto che comporterebbero gravi conseguenze. E soprattutto introduce in generale un costo in realtà immotivato, poiché un buon raffreddamento ad aria del cool end non ha nulla da invidiare. Spesso il raffreddamento a liquido viene utilizzato come un componente il cui unico scopo è quello di giustificare un elevato prezzo di acquisto della macchina.
Bene. Considerato che molte tra le caratteristiche dichiarate in realtà non sempre rappresentano degli indicatori di una maggiore qualità di stampa o di un plus tecnologico, allora su cosa dovremmo porre l’attenzione?
Provo a fare un piccolo elenco.
Telaio
E’ un componente chiave. La struttura e la costruzione del telaio sono essenziali per garantire una sufficiente rigidità. Un telaio ben costruito conserverà la sua geometria nel tempo. Da preferire i telai monoblocco (elettrosaldati e bonificati), in acciaio o in alluminio. Non rischieremo che a causa delle vibrazioni e delle varie sollecitazioni la macchina perda la sua accuratezza.
Un “telaio” decisamente discutibile
Architettura
HBot, Core XY, Delta, Bowden? L’argomento è complesso e ciascuna di queste scelte progettuali comporta implicazioni positive o negative a seconda dei punti di vista. Se ad esempio le stampanti Delta sono generalmente in grado di raggiungere velocità maggiori di spostamento, la loro calibrazione è (sempre generalmente) più complessa, e richiedono elettroniche più potenti per via della continua interpolazione che debbono compiere. Se la scelta dell’alimentazione Bowden riduce le masse in movimento e quindi inerzie e vibrazioni, è anche vero che spesso rappresenta un problema estrudere elastomeri, etc. Farsi una cultura sulle varie architetture può richiedere un notevole impegno. Comunque, per chi fosse votato a compiere questo sforzo, in altri articoli nel blog la questione è affrontata con un maggiore livello di approfondimento.
Meccanica
E’ evidente che gioca un ruolo di primaria importanza. Esattamente come in un’automobile. Attenzione alle viti: tra una normale vite “ACME” a profilo triangolare e una vite trapezoidale c’è un abisso. E tra una vite trapezoidale e una a ricircolo di sfere un altro abisso, ancora più profondo. Lo stesso vale per le guide, delle quali vanno considerate le dimensioni oltre che la tipologia (quelle prismatiche sarebbero da preferire). Tutto nella meccanica influisce sulla qualità finale di stampa. La scelta dei componenti, la precisione dell’assemblaggio, gli accoppiamenti.
Estrusore
E’ un componente da valutare con grande attenzione. Non tanto la temperatura massima raggiungibile (250-300° sono generalmente sufficienti) quanto la sua costruzione complessiva. L’argomento “estrusore”, che è un po’ il cuore delle stampanti a filamento, è trattato in dettaglio in un articolo separato. Da considerare la possibilità di disporre di estrusori intercambiabili. L’utilizzo di diversi tipi di filamento può comportare maggiori rischi di intasamento dell’ugello, per via dei composti “ibridi” che possono formarsi cambiando materiale. Potendo utilizzare uno specifico estrusore a sostituzione rapida, questi problemi possono essere evitati.
L’estrusore della Atom 2.0. Costruito in lega di Titanio, pesa appena 7 grammi.
Sistema di aspirazione o filtraggio dei fumi
Generalmente i filamenti utilizzati non producono sostanze particolarmente tossiche durante il normale utilizzo delle macchine. Ma in alcuni ambienti (luoghi pubblici, fabbriche, scuole) i regolamenti possono essere più restrittivi. In questo caso, realizzare impianti di aspirazione e filtraggio può risultare molto complesso, costoso e antiestetico. Meglio puntare su macchine che già prevedono sistemi di purificazione. E più in generale, anche per chi non è sottoposto a regole restrittive, utilizzare sistemi che non producono odori fastidiosi presenta comunque dei vantaggi.
Ambiente di stampa chiuso
La stampa a deposizione di filamento prevede la fusione e l’estrusione di un materiale termoplastico, ed implica di conseguenza una complessa alchimia di fisica, meccanica e termodinamica che non possono prescindere dall’ambiente circostante. In particolare, i materiali deposti sono (più o meno, ma in ogni caso sempre) soggetti a ritiri, potenziali deformazioni, fessurazioni, crepe che possono in alcuni casi arrivare a compromettere gravemente la qualità definitiva o la funzionalità del modello ottenuto. Come conseguenza di tutto questo, più la stampante è isolata rispetto all’ambiente esterno, meno i rischi delle suddette problematiche si fanno sentire. Alcune stampanti sono completamente aperte. Altre chiuse su più lati. Alcune sono completamente chiuse.
La scelta è semplice: più chiusa è, meglio è. Una macchina “chiusa” ci permetterà, entro certi limiti, di aprire magari una finestra nel corso di una stampa che implica qualche decina di ore senza troppi guai. Ma attenzione: anche in questo caso, meglio puntare su macchine già isolate all’origine. Costruire in seguito delle chiusure, o addirittura degli involucri potrebbe essere una brutta sorpresa dal punto di vista dei costi e della complessità di realizzazione.
Camera “calda”
Implica il fatto che la stampante, oltre che completamente chiusa, integri un sistema di riscaldamento attivo della camera di stampa. Sottolineato il fatto che questa caratteristica risulta particolarmente utile specialmente nel caso di stampa di ABS, e meno importante per altri materiali (es. PLA), magari ci fosse. Il fatto è che la cosiddetta “camera calda” è coperta da numerosi brevetti, e quindi solo pochissimi modelli, che hanno utilizzato approcci escogitati in modo di non infrangere i suddetti brevetti sono in grado di offrirla. Ma insomma, se c’è ne vale davvero la pena.
Sistema di rilevazione di malfunzionamenti del filamento
In alcuni tra i modelli più recenti sono stati aggiunti dei sistemi in grado di rilevare l’esaurimento del filamento e mettere in questo caso in pausa la stampante. Nei modelli ancora più evoluti, la rilevazione non interessa soltanto l’esaurimento, ma anche altri tipi di malfunzionamento, es. la rottura, o l’impossibilità di alimentare l’estrusione ad esempio perché un accavallamento delle spire nella bobina impedisce di svolgerla. Senza dare eccessiva enfasi alla prima soluzione (controllo esaurimento), poiché nelle stampe ad esempio notturne la macchina potrebbe restare per un tempo eccessivo in pausa senza che l’operatore intervenga, se questa funzione è disponibile è comunque meglio. Più importante l’eventuale presenza di un sistema in grado di rilevare il secondo problema (accavallamento delle spire e impossibilità di trascinare il filo), poiché se l’estrusore resta acceso e continua a funzionare “senza materiale”, si ottiene l’effetto di mettere una pentola vuota sul fuoco. La pentola brucia, e pure l’eventuale elemento in Delrin o PFTE presente nell’estrusore.
Sistemi di ripresa del lavoro dopo interruzione di corrente
Se presente non nuoce. Ma bisogna vedere come è implementato. Un buon sistema di ripresa dovrebbe essere in grado di allontanare, anche in caso di mancanza di alimentazione, l’ugello dalla zona nella quale stava lavorando. Altrimenti serve a poco. Se l’ugello rimane sul posto, il calore residuo fonde facilmente la zona, e risulta poi poco utile il fatto che la macchina sia in grado di riprendere il lavoro ad alimentazione ripristinata.
Connettività
Più ce n’è, meglio è. E’ come una persona che sia in grado di parlare più lingue. Quindi ben venga USB, schede, pennette, wifi. Quest’ultimo, a condizione che funzioni correttamente e non risenta di eventuali altri segnali wifi presenti nell’area. Altrimenti è come una persona che parla più lingue, ma male.
Ergonomia
Beh, fa sempre piacere lavorare “comodi”. Da valutare attentamente la praticità di caricamento e sostituzione del filamento (in alcuni casi è davvero complicato), e la facilità (o meno) con la quale è possible effettuare comuni interventi di manutenzione (es. sostituzione dell’ugello, ispezione dell’hot end, lubrificazione etc.). Per il resto, senza un’eccessiva enfasi, sicuramente i display touch screen sono comodi, meglio ancora se a colori, gli eventuali pulsanti rapidi per accedere alle principali funzioni altrettanto comodi, etc.
Attenzione all’eventuale Jog per la selezione dei comandi dal display LCD. Deve essere robusto, e funzionare senza incertezze. A proposito del display, è in grado di dire molte cose riguardo alla macchina. Un occhio “attento” può riconoscere l’adozione di un’elettronica “economica” e un firmware “preconfezionato” già da un primo sguardo ai testi visualizzati.
Lo Smart Graphic LCD Controller. Equipaggia molte stampanti, e “tradisce” un’elettronica 8 bit.
Qualità generale della progettazione
Molte macchine (per fortuna stanno comunque diminuendo) sono progettate, prodotte e assemblate artigianalmente. Altre rivelano già al primo sguardo un design e una costruzione industriale. La differenza non è soltanto estetica. Una progettazione industriale implica investimenti nella ricerca e la ricerca generalmente ha lo scopo di realizzare un prodotto migliore. Un conto è mettere assieme una manciata di elettronica, qualche motore, qualche guida e degli azionamenti, un conto progettare l’elettronica, la cinematica, la termodinamica dell’estrusore, il telaio (e magari il software) per sviluppare una soluzione che introduca vantaggi tecnologici, funzionali ed ergonomici.
Una tra le più costose FDM in commercio (sino a oltre 10000€), utilizza un’elettronica Arduino Mega 2560, reperibile all’ingrosso per poche decine di euro. Utilizza software Open Source e per la maggior parte componentistica standard. Ma il tutto è “arricchito” da un vistoso cabinet, raffreddamento a liquido e altri poco rilevanti elementi che dovrebbero convalidarne la vocazione “professionale”. Ecco, questo è un tipico esempio nel quale la progettazione è sostituita dal banale assemblaggio.
Qualità di stampa
E’ evidentemente un elemento chiave. Ma come si valuta? C’è un solo modo sicuro. Richiedendo ai nostri potenziali fornitori, possibilmente in diretta, di stampare lo stesso modello, possibilmente con lo stesso filamento.
La richiesta di eseguire questa prova “in diretta” ci permetterà di evitare di essere abbagliati da splendide stampe dimostrative (stampate chissà come e soprattutto da chissà quale macchina), e di valutare l’intero processo di stampa nel suo insieme. Ovvero la eventuale necessità di effettuare complesse calibrazioni, di adottare o meno alchemiche soluzioni per far aderire il nostro modello al piano di stampa, la facilità d’uso (o meno) del software, i tempi di realizzazione, le eventuali operazioni di manutenzione necessarie etc..
E’ durante la prova in diretta che la maggior parte delle “magagne” occulte (ove naturalmente vi siano) emergono.
Assistenza
All’atto dell’acquisto, questo è uno degli aspetti (sfortunatamente) meno considerati. Dopo, nell’utilizzo, diventa il più importante, ma spesso è tardi. Acquistare presso un’azienda che possa garantire una buona qualità di supporto tecnico e di assistenza è la migliore “assicurazione” si possa fare. Il fornitore (possibilmente Italiano anche nel caso di prodotti di produzione estera) dovrebbe disporre parti di ricambio e di tecnici qualificati, in grado di affrontare e risolvere sia problematiche applicative, sia eventuali malfunzionamenti della macchina.
Reputazione
E’ un termine ormai desueto, ma ancora vale qualcosa. E se è difficile farsi un’opinione sul modello della macchina che “avremmo” scelto (la maggior parte delle classifiche varie e delle recensioni pubblicate sulle riviste specializzate sono spesso pilotate da interessi economici), può essere abbastanza attendibile la “Reputazione” del venditore. Una ricerca su internet, magari anche all’interno dei vari forum, può dirci qualcosa in proposito, rispetto al fatto che siamo in buone mani o meno.
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