Nel 1996 decisi di partecipare, esponendo piccole fresatrici a controllo numerico Roland, alla fiera di modellismo di Novegro. I modellisti mi attiravano: veri appassionati della meccanica, creativi, cultori della sperimentazione di tecniche e materiali.
Durante l’allestimento del piccolo stand, sbirciavo di tanto in tanto gli stand vicini, in cui pian piano trovavano posto straordinari “giocattoli per grandi”: navi, auto, carri armati, sommergibili, motori, treni realizzati con i più fini dettagli. Sono nel posto giusto, pensavo. Avevo quasi finito di sistemare il mio spazio, e ogni tanto mi cadeva l’occhio sullo stand a fianco, l’unico totalmente vuoto. Forse non l’avranno affittato, mi dicevo. Peccato, l’avrei preso io. Finisco di attaccare gli adesivi, controllo che tutto funzioni, e chiudo lo stand, rammaricato per l’occasione persa. Il giorno successivo, poco prima dell’apertura al pubblico, arriva un signore, spingendo un carrello con un grosso modello di auto sportiva. Va dritto verso lo stand vuoto. Lo mette al centro, e lo copre con un panno. Mi dedico ad altro, dimenticandomi del mio vicino. Accendo le macchine, preparo i computer, pronto a ricevere il pubblico. E il pubblico arriva. E che pubblico! All’apertura della fiera, dal fondo del salone entra un nutrito gruppo di persone, evidentemente importanti, circondato da cameramen, fotografi, giornalisti. Vengono dritti verso di me. Forse sarà una troupe televisiva, penso. Qualche volta nelle fiere succede… Speriamo riprendano anche il mio stand… E sembrerebbe proprio così… Ma all’ultimo momento, il plotone si piazza davanti allo stand del mio silenzioso vicino. Che toglie il panno dalla macchina, infila le chiavi nel cruscotto, e mette in moto. Il ruggito è inconfondibile: Ferrari, 12 cilindri. Le svariate centinaia di persone presenti nello stand ammutoliscono. L’uomo da qualche brusca accelerata al motore, lo fa funzionare per qualche minuto, e lo spegne. Il silenzio della sala dura ancora diversi minuti.
Beh, è inutile dire che ho passato i tre giorni della fiera esclusivamente a parlare con lui, a farmi raccontare la sua storia e quella della sua meraviglia. Pierre Sherri, francese, era un ingegnere di telecumunicazioni. Mai fatto modellismo in vita sua. Nel 1978, in viaggio di nozze con la moglie (in moto), assiste ad una corsa di prototipi. Vede una Ferrari 312PB. Se ne innamora. Decide di costruirsene una, da tenere in salotto. Ma la vuole vera. E’ ossessionato da questo progetto. Scrive alla Ferrari, per chiedere i disegni (naturalmente, senza ricevere risposta). Così decide di fare visita a Pierre Bardinon, proprietario del Mas Du Clos race track e collezionista, che possiede uno dei tre esemplari della vettura. Pierre deve essere stato convincente, perché ottiene il permesso di fotografare e addirittura smontare la vettura. Si mette al lavoro. Un lavoro lungo: 15 anni. 20.000 ore. Il realismo è impressionante. Pierre costruisce qualsiasi dettaglio. La macchina deve funzionare come quella vera, in tutto e per tutto.
Così, impara a soffiare il vetro, per realizzare lampadine a due filamenti in scala 1:3. Realizza dei veri pneumatici, imparando a vulcanizzare la gomma. Impara a saldare il titanio, perché il telaio dell’originale è in titanio e tale deve essere quello del modello. Costruisce persino una macchina per cucire speciale, con i punti in scala 1:3 per cucire la tappezzeria.
Produce i rivetti in scala 1:3, la batteria, i sette radiatori di cui è dotata la vettura, le candele… tutto. Il livello di perfezionismo si può capire solo pensando che – per ottenere lo stesso rumore del motore – registra il suono di quello vero, analizza la forma d’onda ed impiega circa 3 anni per la messa a punto. Arrivando a definire una speciale mappatura della centralina elettronica perché – per motivi legati all’impossibilità di scalare i rapporti aria-carburante, il motore del modellino parte immediatamente, mentre nell’auto vera alcuni cilindri stentano inizialmente l’accensione.
La vita di Pierre Sherri cambia. Ottiene un contratto di consulenza a vita da Ferrari. Viene invitato nei vari circoli Ferrari in tutto il mondo, a mostrare la sua meraviglia.
Diventa ricco, producendo e vendendo (a cifre superiori all’originale) sei esclusive repliche del suo modello. Restando però un uomo semplice, umile, più a suo agio nell’officina che in una conferenza stampa. Ah… dimenticavo… tutto realizzato con macchine manuali… Senza CNC.
Commenti 1
Non so se definirvi matti o geni.
Probabilemente “matti geniali”.