Da wikipedia:
“Il Kapton è una pellicola poliimmide sviluppata dalla DuPont in grado di rimanere stabile in un’ampia gamma di temperature, dai -269 °C a +400 °C. Il Kapton è usato, tra le altre cose, nei circuiti stampati flessibili e nello strato esterno delle tute spaziali degli astronauti, progettate per garantire protezione termica e dalle micrometeoriti.”
Noi poveri mortali, che non viaggiamo nello spazio in assenza di gravità e raramente siamo esposti alle micrometeoriti, lo conosciamo come un materiale che viene utilizzato, sotto forma di nastro o film adesivo, per rivestire il piano di lavoro delle stampanti 3D.Ma è proprio necessario questo ultratecnologico (e costoso) materiale? E’ veramente efficace? Quali sono i principi con i quali lavora?
Cominciamo col dire che per chi stampa in PLA, si ottengono risultati migliori di adesione della parte con il cosiddetto “nastro blu”, il nastro 3M utilizzato per mascherature nella verniciatura di carrozzerie. Costa meno, e funziona meglio.
Nella stampa con ABS (con piano riscaldato), il Kapton è piò efficace, poiché distribuisce meglio il calore sul piano di lavoro.
L’applicazione del kapton è un incubo. Tende – come tutti i film adesivi – a creare bolle d’aria che ovviamente creano problemi nella stampa. Per evitarle, si utilizza il classico metodo di inumidire il piano di lavoro con soluzioni di acqua saponata o similari (es. prodotti per la pulizia dei vetri). Basta vedere il link per avere un’idea del lavoro che ci aspetta.
Spesso l’adesione che il Kapton comunque migliora non è ancora sufficiente. In questo caso, si può spruzzare con lacca per capelli (adottando le stesse cautele e protezioni utilizzate nel link precedente). Ma attenzione: la lacca sul Kapton può creare il problema opposto: la parte non si stacca più a fine stampa.
Comunque, supponendo di essere riusciti ad applicare correttamente il film o il nastro, e di aver ottenuto una sufficiente adesione, resta il problema che il primo layer deposto sul Kapton risulta a fine stampa perfettamente levigato e lucido, mentre il resto delle superfici assume il tipico aspetto delle superfici stampate in 3D (più o meno accettabile, a seconda della stampante). Anche se a volte questo risultato è perfino gradito, la difformità tra le diverse superfici in generale non è proprio piacevole.
Altre soluzioni? Zortrax ed alcuni altri produttori utilizzano comode superfici di lavoro microforate, che non richiedono ulteriori accorgimenti ed alchimie per garantire che la parte non si stacchi improvvisamente a metà lavoro. Mi sembra più furbo, comodo e presentabile. Francamente, dopo aver speso svariate centinaia di euro per una stampante, trovarci dentro (in dotazione, nel migliore dei casi) dei nastri adesivi e dei flaconi di lacca per capelli non è il massimo.