Una trattazione a se la meriterebbe l’infelicissima scelta del nome commerciale con il quale questa struttura si presenta.
Ma è possibile che in un contesto in cui esistono ormai specifici strumenti su internet per verificare – in tutte le lingue del mondo – la presenza di termini ridicoli, allusivi o offensivi in un marchio, si possa proporre un nome del genere?
Mah, forse è addirittura voluto, una specie di provocazione per creare rumore mediatico. Stendiamo comunque un velo pietoso su questa scelta, e cerchiamo (con un certo sforzo) di concentrarci sui contenuti del progetto di business.
Kazzata (la difficoltà di considerarla una cosa seria si ripropone, come quando si studiava lo Stronzio nel laboratorio di chimica) si prefigge la missione di “rivoluzionare il mercato delle parti di ricambio”. Questa ambizione nasce considerando (a seguito di un accreditato studio) che la stampa 3D viene prevalentemente impiegata per riprodurre parti (guaste, smarrite, consumate etc.) necessarie a garantire il funzionamento di un dispositivo, e ormai introvabili come ricambi. La manopola di un forno a microonde, il telaio di un proiettore di diapositive, il pomello di regolazione di un sedile di auto… insomma, tutto ciò che ci impedisce di utilizzare qualcosa che “funzionerebbe ancora” se quel maledetto pezzo di ricambio fosse ancora disponibile.
Come dovrebbe funzionare
Chi necessita di riprodurre una parte di ricambio introvabile, dovrebbe cercarla nel database di “Kazzata” (al momento, piuttosto scarno”). Se è già disponibile il modello 3D della parte, può commissionarne la realizzazione ad uno dei vari service di stampa “convenzionati”. Nel caso contrario, può indire una sorta di asta, per richiedere la realizzazione del modello 3D in oggetto ai designer che aderiscono all’iniziativa. A parte il nome, e la oggettiva difficoltà di gestire “il più vasto database di pezzi di ricambio del mondo” come auspicano gli organizzatori, l’idea è in se interessante, soprattutto poiché mette in comunicazione tra loro il potenziale “cliente” (colui che ha bisogno del pezzo di ricambio) con dei progettisti (che ne realizzano il modello 3D) e dei fornitori di servizi (che lo stampano).
Commenti 1
Concordo al 1000%. Un nome peggiore non lo potevano trovare.
Un’idea debole può avere seguito se ben proposta. Ma un’idea buona (ottima, come in questo caso) può naufragare in quattro e quattr’otto se viene mal proposta (come in questo caso).
Una persona “normale” (se ha ancora un significato ai giorni nostri, questa parola…) cosa può pensare di trovare su un sito come questo? C….te, appunto.
Vabbé, speriamo che qualcun altro dia vita a questa idea in modo più serio…