Il materiale non aderisce al piano! L’estrusore funziona a dovere, il materiale fuoriesce correttamente ma… non si fissa.. Anziché delle curve, vengono tracciati segmenti rettilinei! Dopo qualche tratto, l’intera stampa inizia a seguire i movimenti del gruppo di stampa, e si inizia a formare un grumo di filamento sotto l’estrusore…
Questa è la cronaca di diverse telefonate “disperate” che spesso i centri assistenza ricevono da parte dei loro nuovi clienti, soprattutto se hanno acquistato stampanti economiche a calibrazione manuale.
Quando si verificano queste condizioni, indice del fatto che il materiale non aderisce al piano durante la deposizione del primo strato, l’unica cosa da fare è interrompere prima possibile la stampa. Proseguendo, si rischia (se non è già avvenuto) il totale distacco del modello, con conseguenze anche serie. In qualsiasi momento avvenga il distacco, il processo non viene interrotto, e soprattutto se la stampante non è presidiata può venire deposta una cospicua matassa di filamento. Possono quindi verificarsi impatti di questa massa contro l’estrusore o altre parti meccaniche, con potenziali danni anche ingenti.
Bene. Stampa interrotta quindi, ma come possiamo evitare che il problema si ripresenti? Da che dipende?
Eccessiva distanza dell’ugello dal piano di lavoro durante il primo strato.
E’ la ragione più probabile, quando il materiale non aderisce al piano. L’articolo “Nessuna estrusione all’inizio della stampa” tratta il problema opposto, una eccessiva vicinanza dell’ugello rispetto al piano di lavoro, ma fornisce indicazioni su come regolare opportunamente la distanza dell’ugello nel primo strato. E’ importante sottolineare che questo deve venire deposto in modo che il materiale risulti leggermente “schiacciato”. La distanza corretta dipende dai materiali utilizzati e dal tipo di piano: un valore di riferimento può essere 0,20 mm.
Il piano di lavoro non è correttamente livellato.
Sostanzialmente, è una variante della prima causa. La stampa insiste in una zona che risulta più distante del dovuto dall’ugello, a causa di una calibrazione incorretta o di un avvallamento del piano in quell’area. Se la stampante prevede una procedura di calibrazione automatica, eseguirla. In caso contrario, calibrare manualmente la planarità, verificando che la distanza dal piano dell’ugello sia uniforme su tutta la superficie.
La velocità durante la stampa del primo strato è troppo elevata
Per far si che il primo strato, quello sul quale verranno costruiti tutti gli strati successivi, aderisca perfettamente al piano è necessario usare una velocità più bassa del normale, dandogli tempo di fissarsi in maniera stabile. Generalmente nei vari slicer ci sono opzioni specifiche rispetto alla velocità del primo strato, che dovrebbe risultare ridotta almeno del 50% rispetto agli strati successivi. Questa indicazione è comunque ovviamente orientativa, dato che il grado di adesione dipende da svariati fattori, incluso il materiale con il quale si sta lavorando, e il materiale/trattamento del piano di lavoro. In termini assoluti, e sempre a titolo di riferimento generale, è consigliabile non superare la velocità di 10-15 mm/sec.
Temperatura di estrusione e temperatura del piano
I materiali termoplastici subiscono dei fenomeni di ritiro nel passaggio da temperature elevate (es. temperatura di fusione) a temperature inferiori (es. temperatura del piano o temperatura ambiente). Ad esempio, la percentuale di ritiro per l’ABS è nell’ordine dell’1,5%. Dal momento che il piano di lavoro non è coinvolto in una riduzione di temperatura così veloce e drastica, il materiale deposto tende a separarsi da quest’ultimo. Rimedi? Utilizzare un piano riscaldato, che minimizza il delta tra la temperatura di fusione e quella del materiale deposto (es. 100 gradi ed oltre per l’ABS), ed aumentare la temperatura di fusione nel primo strato rispetto ai successivi. Più il materiale estruso è caldo, e più viene deposto su un piano a sua volta caldo, minore è il rischio del distacco.
Ventole di raffreddamento, variazioni di temperatura dipendenti da cause esterne
Insomma, la deposizione del materiale (in particolare per i primi strati) dovrebbe avvenire in un ambiente con una temperatura più possibile omogenea. L’apertura di una finestra, una corrente d’aria possono determinare improvvisi ritiri capaci di “scollare” letteralmente la stampa dal piano. Ovviamente, lo stesso effetto viene provocato se si utilizza prematuramente un raffreddamento forzato (ventole). L’ideale da questo punto di vista è deporre i primi 4 o 5 strati senza alcun raffreddamento, ed in seguito programmare un raffreddamento “a rampa”, con una variazione progressiva del regime delle ventole. Alcuni slicer, es. Simplify3D e IdeaMaker permettono di programmare uno specifico regime di ventilazione in relazione a diversi livelli di layer (es. 0% al primo layer, 30% al quinto layer, 100% al decimo layer).
Caratteristiche e trattamenti del piano di lavoro
Il materiale con il quale il piano di lavoro è costruito, e la sua finitura superficiale possono influire molto rispetto alla mancata adesione del materiale durante i primi strati. Non soltanto in assoluto, ma anche in relazione a specifici materiali. Ad esempio, i piani microforati offrono generalmente ottime prestazioni con ABS e PLA, ma non riescono a “trattenere” materiali speciali come poliammidi e polipropilene, che richiedono superfici particolari. Possono venire in questo caso in ausilio (ma non sempre) particolari “trattamenti”, come nastri di carta o kapton, lacche, collanti diluiti, specifici spray. L’argomento è trattato in dettaglio nelle guide “Deformazione e distacco della parte” e “Soluzioni per aumentare l’adesione al piano di lavoro“.
L’ultima risorsa: Brim e Raft
Ho definito queste tecniche per aumentare l’adesione al piano di lavoro come “ultima risorsa”, ma in realtà vengono utilizzate piuttosto frequentemente. Si tratta di metodi diversi per aumentare la superficie di contatto tra il modello e il piano di lavoro, rendendo l’adesione del primo strato più solida, e meno incline al distacco.
Il Brim – letteralmente “falda”, è costituito da una semplice estensione del perimetro della base del modello, con uno spessore di un singolo strato. Si presenta esattamente come la falda di un cappello. Essendo molto sottile, il distacco al termine della stampa risulta semplificato, ed implica l’uso di una modesta quantità di materiale oltre a tempi di deposizione modesti. Il raft – letteralmente “zattera”, è una soluzione più radicale, che implica la creazione di un vero e proprio intreccio di una serie di strati, che farà da supporto, o meglio da fondamenta alla successiva stampa vera e propria. Il Raft rappresenta la migliore soluzione sia per “scaricare” le tensioni di ritrazione, a causa della sua struttura intrecciata, sia per compensare eventuali differenze di livello tra le varie zone del piano di lavoro. I primi strati del Raft vengono infatti deposti con una marcata sovraestrusione. proprio per assicurare l’aderenza e contrastare più o meno significativi dislivelli del piano. Il rovescio della medaglia del Raft è soprattutto legato ai tempi relativamente lunghi di deposizione, ad una peggiore finitura del fondo della stampa e ad un superiore consumo di materiale.
L’argomento è trattato in dettaglio nella guida “Raft, Brim, Skirt: come e perché utilizzarli, come rimuoverli.”