Solubili… Qualcosa che si scioglie…. Magnifico.
Avevo promesso un approfondimento sul tema dei supporti solubili, stampabili con un doppio estrusore.
Per la prima immagine, ho scelto Mandrake, il più famoso mago e illusionista del mondo dei fumetti. Già, perché la dissoluzione di un materiale è qualcosa di magico. E anche, come vedremo, qualche volta un’illusione.
Mantengo comunque la promessa, cercando di ampliare l’argomento, citando anche altre alternative per quanto riguarda la scelta dei filamenti specifici per la realizzazione delle strutture di sostegno.
L’idea di costruire i supporti con qualcosa che si dissolva è attraente. Pensate ad una voluminosa e antiestetica impalcatura per la ristrutturazione della facciata di un palazzo, che a cose fatte – voilà – scompare. Non sarebbe stupendo?
Il punto è: funziona? quanto costa? difficoltà? Proverò a rispondere.
Supporti solubili
Lo dice il termine. Solubili. Si sciolgono (in qualche “solvente”?). Scompaiono. Proprio quello che volevamo ottenere. Beh, iniziamo proprio dal solvente. l’ideale è senza dubbio l’acqua. Costa poco, non è tossica. Basta trovare un materiale che:
- si sciolga in acqua
- abbia caratteristiche termoplastiche, possa essere stampato senza grandi difficoltà
- aderisca ad altri materiali (quelli con i quali costruiremo il modello)
Facile a dirsi. Per quanto riguarda il primo, essenziale punto, la scelta è vastissima. A nche il sale si scioglie in acqua. Ma non è stampabile. Non ha caratteristiche termoplastiche.
PVA e acqua
L’essenziale requisito di poter venire stampato restringe -ahimè – la scelta a ben poco: PVA o PVOH.
Vediamo di che si tratta. Il PVA o PVOH è un composto chimico (alcool polivinilico) ottenuto per idrolisi dagli esteri polivinilici. E’ utilizzato nell’industria tessile per l’incollaggio di fibre naturali. Può essere trattato come un termoplastico, e di conseguenza “stampato”. Ma attenzione: è usato anche come distaccante per stampi in vetroresina o altre materie plastiche. Mmmm. Questo aspetto sembra pregiudicare il terzo requisito: quello di aderire al materiale che si intende supportare. Comunque, un sommario profilo del PVA lo abbiamo tracciato. Vediamo in dettaglio quali sono i lati positivi (in verde) e quelli negativi (in rosso).
- Si scioglie in acqua
- Può venire facilmente rimosso anche quando è semplicemente ammorbidito (tempi brevi – preferibile)
- E’ costoso (mediamente, 60-100€/Kg)
- E’ estremamente igroscopico. Una volta aperta la bobina, tende a degradare (divenendo morbido e difficilmente stampabile) nell’arco di pochi giorni o poche ore, a seconda dell’umidità dell’aria
- Aderisce con difficoltà al materiale di costruzione
- Può essere necessario costruire speciali strutture di supporto (es., nido d’ape)
- Se rimane a lungo in un estrusore caldo inutilizzato, o la temperatura di estrusione è eccessiva, tende a formare residui che intasano l’ugello, a volte in modo irreversibile.
Il bilancio non è molto positivo. Il lusso di un supporto solubile in acqua si paga.
In poche parole, si tratta di un materiale difficile da stampare, e ancora più difficile da conservare. Per chi sceglie di utilizzarlo, è conveniente acquistare bobine di modesto peso (200-300 Gr) da utilizzare per una singola stampa, o prelevare dalla bobina appena aperta solo la quantità necessaria, e richiudere immediatamente il materiale in eccesso in una busta sigillata con silica-gel. Una possibile alternativa è l’uso di un contenitore sigillato come quello nella seguente immagine:
Il progetto per realizzare questo tipo di contenitore è disponibile al seguente collegamento. Il contenitore può essere convenientemente usato anche per altri filamenti particolarmente igroscopici, es. Nylon.
Oltre alla scarsa “vita utile” dei filamenti PVA esposti all’aria, come accennato prima c’è spesso la difficoltà di far aderire i supporti al materiale di costruzione. Nei casi più estremi, il filamento tende a venire estruso come se fosse “pasta di mandorle”, e anziché aderire al materiale (es. ABS, PLA) forma dei piccoli riccioli che non consentono di costruire nessuna struttura. Consiglio in questo caso di non cedere alla tentazione di innalzare eccessivamente la temperatura, per ottenere una estrusione più fluida: rischiamo una trasformazione irreversibile del materiale in un composto che non può essere più disciolto in acqua, e che intasa definitivamente l’ugello rendendolo inutilizzabile. Come strategia per aumentare l’adesione, si può aumentare il flowrate (anche significativamente, sino al 150-180%). Questo crea una sovrapressione che “spinge” il materiale contro la superficie alla quale deve aderire.
Insomma, il PVA non è precisamente un materiale semplice. L’aspetto positivo della solvibilità in acqua è ampiamente compensato da una serie di altre “controindicazioni”. Altri filamenti che possono usare diversi solventi?
HIPS e D-Lemonene
Ecco una possibile alternativa di supporti solubili. Vediamo da quale “ingredienti” è composta.
L’HIPS (High Impact PolyStyrene) è un polistirene antiurto, ottenuto dalla miscelazione di gomma SBR con comune polistirene. E’ un filamento con interessanti proprietà, non necessariamente utilizzabile solo come supporto: offre un elevato grado di finitura, ha un piacevole aspetto opaco, è resistente agli urti e poco costoso. Ed in più, ha una singolare particolarità: si dissolve nel D-Lemonene. E veniamo a questo secondo “protagonista” dell’accoppiata “supporto-solvente”.
Il D-Lemonene è un idrocarburo, ottenuto da lavorazioni industriali degli agrumi. E’ naturalmente presente nella buccia dei limoni, dalla quale viene estratto e della quale conserva il caratteristico odore. Dotato di un elevato potere sgrassante, viene comunemente usato come additivo nei detergenti.
Bene, anche se con tempi piuttosto lunghi (24-30 ore), il D-Lemonene discioglie l’HIPS, e quindi soddisfa uno dei requisiti per essere utilizzato nella stampa 3D per sciogliere i supporti. Ma vediamo insieme, come abbiamo fatto prima per il PVA, pregi e difetti di questa soluzione.
- L’HIPS è un filamento poco costoso (circa il prezzo di ABS-PLA)
- Il peso specifico è basso, “frutta” molto
- Non è particolarmente igroscopico, si conserva a lungo
- Non intasa l’estrusore, è facile da stampare (con piano riscaldato)
- Si può utilizzare, in molti casi con vantaggio, anche come materiale “di costruzione”
- Ha una scarsa tendenza a fenomeni di deformazione e distacco
- Aderisce a molti materiali di stampa
- Il D-Lemonene è costoso (circa 25-30€ / litro)
- Con tempi lunghi di esposizione, può deteriorare alcuni tipi di ABS
- Nonostante l’odore gradevole, è preferibile utilizzarlo in un ambiente aerato. Non può essere smaltito nel lavandino
- Non ammorbidisce i supporti: è necessario attendere il loro completo scioglimento (24-30 H).
Nell’insieme, il bilancio tra pro e contro sembra migliore di quello del PVA-Acqua. Quantomeno, il valido HIPS può entrare a far parte dei filamenti che comunemente utilizziamo per la stampa; per usarlo come occasionale materiale di supporto è sufficiente tenere una scorta di D-Lemonene (che si conserva a lungo) e che può essere usato alla bisogna per scioglierlo.
Ma insomma, l’idea dei supporti solubili è proprio quella giusta? Ci sono altre possibilità più convenienti? In entrambi i casi trattati – PVA e HIPS, abbiamo trovato diverse “controindicazioni”. Un’altra soluzione?
In fondo, ci interessa “liberarci” dei supporti nel modo più semplice possibile. Torniamo a considerare la rimozione “meccanica”, ma ponendo un vincolo. Il materiale di supporto si deve staccare facilmente, non deve lasciare fastidiosi residui, ma deve comunque risultare sufficientemente robusto per assicurare una efficacie tenuta delle strutture di costruzione sovrastanti. PolyMaker, un produttore di filamenti piuttosto impegnato nella ricerca, ha proposto una sua ricetta: PolySupport, un materiale specificatamente realizzato per la stampa di supporti.
PolySupport
Nel pieghevole illustrativo contenuto nella elegante scatola del filamento, si legge una interessante presentazione: “Il segreto di PolySupport è il dosaggio della forza di adesione interlayer. Il materiale è sufficientemente robusto da supportare la struttura, ma può essere facilmente strappato a mano. Non sono necessari utensili. Non aderisce al modello, lo supporta. Questo significa che la superficie del modello non viene danneggiata dalla sua rimozione.”.
Interessante. Sottoponiamolo, impietosamente come abbiamo fatto per le altre soluzioni, alla prova del pro-contro.
- Non fa parte della categoria dei supporti solubili. Niente solventi, nessun problema di igroscopicità
- Non si fissa al modello. Una volta rimosso, non lascia tracce né danni
- Ha una durata elevata una volta aperto; non viene compromesso dall’umidità dell’aria
- Può essere utilizzato per supportare elastomeri
- E’ particolarmente facile da stampare
- Dopo la stampa, la rimozione può avvenire in pochi minuti: si strappa “a fisarmonica”, e non è necessario attendere tempi lunghi di dissoluzione
- Non richiede necessariamente un piano riscaldato
- E’ relativamente costoso (70-90€/Kg)
- Non è raccomandato per la stampa dell’ABS
Sulla carta, appare nel confronto come il materiale di supporto più “comodo”, con un maggior numero di aspetti “positivi”, e pochi aspetti “negativi”.
Il verdetto finale
Non c’è. Anche se la quantità di “pro e contro” delle tre diverse soluzioni appare nettamente diversa, non mi sento di esprimere un verdetto definitivo. Ci possono essere circostanze (ad esempio, la particolare geometria del modello, il materiale di costruzione, fattori ambientali etc.) per i quali va preferita una specifica modalità. Non a caso, tutte e tre le proposte fanno parte della nostra gamma di prodotti. Piuttosto, mi sentirei di dire che non abbiamo ancora raggiunto, per il materiale di supporto, una soluzione in grado di soddisfare tutte le esigenze, senza controindicazioni. Chissà se i guru delle materie plastiche ci stanno pensando.