Due diversi approcci a confronto. Un esempio: busti ortopedici
Durante la messa a punto dell’intero processo tecnologico basato su un approccio digitale, siamo
rimasti impressionati nel constatare quanti cambiamenti e migliorie questo avrebbe comportato.
L’integrazione degli scanner Artec ha letteralmente rivoluzionato i procedimenti. Per avere un’idea dei
vantaggi reali che ha comportato, è sufficiente comparare le tecniche tradizionali con quella digitale.
Prima dell’avvento di queste nuove tecnologie, quando un medico ortopedico aveva la necessità di
far realizzare un busto personalizzato per un paziente, lui e il suo staff tecnico dovevano affrontare un
duro, lungo e costoso lavoro. Il procedimento classico comportava anche una serie di considerevoli
inconvenienti per il paziente. Questi doveva essere ricoperto di gesso, ed attendere perfettamente
immobile che il gesso si consolidasse. A questo punto, i tecnici dovevano “tagliare” il calco, liberando
il paziente da questo scomodo involucro. Il calco doveva quindi essere fisicamente spedito all’officina
ortopedica, nella quale veniva realizzato il busto. Il tecnico di officina riceveva il calco, da misurare
con tecniche manuali. Seguendo le indicazioni terapeutiche, intervenendo con stucco e raspa sul
modello, il tecnico doveva realizzare un positivo, nel quale integrare le modifiche posturali suggerite
dalla terapia. A questo punto, doveva realizzare il busto e spedirlo indietro al medico. Sperando che
si adattasse correttamente al paziente e potesse raggiungere l’obiettivo clinico per il quale era stato
costruito.
In questo procedimento c’erano molti problemi.
I principali problemi della fase di acquisizione dati, e la loro soluzione:
1.
Il paziente veniva sottoposto ad un processo decisamente poco confortevole (tra l’altro, durante
il processo di indurimento il gesso può sviluppare temperature elevate).
2.
Se il paziente effettuava dei movimenti, il calco poteva risultare impreciso.
3.
Il costo di spedizione del calco all’officina ortopedica era elevato. I tempi di spedizione si
aggiungevano a quelli di realizzazione.
4.
Il calco frequentemente poteva rompersi o deformarsi durante la spedizione.
5.
La misurazione di forme “organiche” a mano era molto difficoltosa e dava luogo ad ampie
tolleranze.
6.
Spesso, quando il medico riceveva l’ortesi finita, questa non vestiva correttamente il paziente, e
doveva essere adattata o ricostruita daccapo.
7.
In caso di controversie, e soprattutto dopo aver distrutto il calco in gesso, sia il medico sia
l’officina ortopedica non disponevano di prove tangibili di aver effettutato un intervento a regola
d’arte.
Gli scanner Artec hanno apportato molti vantaggi, sia rispetto alla tecnica tradizionale, sia rispetto ad
altri scanner:
1.
Abolizione dei complicati, lunghi da realizzare, costosi e complessi da smaltire calchi in gesso.
2.
Nessun lungo, rischioso e costoso processo di spedizione.
3.
Le misurazioni del produttore possono essere perfettamente accurate, dal momento che questi
riceve una scansione 3D del corpo del paziente, e può intervenire con precisi strumenti
software.
4.
La tecnologia Artec è veloce, sicura ed affidabile. Non richiede la collocazione di marker sul
corpo del paziente, non è influenzata dalla luce ambiente o da corpi metallici circostanti, e
totalmente sicura per il paziente.
5.
Gli scanner sono facili da apprendere e da utilizzare. Non richiedono tecnici specializzati.
Possono essere facilmente impiegati dopo poche ore di training da un assistente senza
particolari qualifiche tecniche.
6.
La scansione del paziente può essere effettuata in pochi minuti praticamente in qualsiasi luogo,
senza la necessità che il paziente debba necessariamente recarsi presso uno studio.
7.
In caso di controversie, la documentazione digitale (scansione e modello del positivo) restano a
disposizione del medico e dell’officina ortopedica per dimostrare la qualità del proprio lavoro.
I problemi delle successive fasi di realizzazione del positivo e successivamente del busto:
Secondo la tecnica tradizionale, il
calco del paziente veniva riempito di
schiuma espansa per ottenere un
positivo. Le modifiche apportate a
quest’ultimo comprendevano la
rimozione di materiale (raspa o altri
utensili manuali o elettromeccanici)
in eccesso in alcune zone, e
l’aggiunta di materiale (stucco) in
altre, secondo le indicazioni del
medico.
Spesso accadeva che venisse
rimosso o aggiunto troppo materiale,
dando luogo alla necessità di nuove
stuccature, rimozioni, levigature.
L’intero processo era costituito da
una serie di iterazioni successive.
Prove, misure, aggiustamenti, ed
ancora prove, misure,
aggiustamenti... durante il quale ogni
errore segnava la necessità di dover
attendere del tempo prima di poter intervenire nuovamente.
Un processo interamente presidiato, da abili tecnici dotati di buone capacità artigianali. Quelli che
oggi non si trovano più, insomma.
Il procedimento attuale, affidato a robot controllati da un
computer, è totalmente automatico e non presidiato. La
lavorazione del positivo di un busto richiede pochi
minuti, durante i quali l’operatore può dedicarsi ad altre
attività.
Tutte le verifiche dimensionali possono essere effettuate
prima della lavorazione, che viene effettuata con grande
accuratezza: non sono quindi necessari aggiustamenti.
Il prodotto esce dalla lavorazione finito, e pronto per
essere utilizzato come forma di riferimento per la
realizzazione del busto ortopedico. Un ulteriore, non
trascurabile vantaggio è che il gesso è un rifiuto
speciale, e prevede uno smaltimento costoso. Al contrario, l’espanso è un materiale inerte che può
essere smaltito senza particolari formalità.